• 7 Novembre 2024
Cultura

Il clima autunnale sembra adeguato per trascorrere una giornata fresca in una bellissima città Campana, ovvero Napoli. Essa appare molto folkloristica, dai toni popolari, gremita di profumi , cultura e arte che trabocca da tutti i suoi angoli. Un mondo da visitare ed esplorare in tutti i suoi meandri segreti; in primo luogo, colpisce la vivacità dei quartieri, dei decumani, delle strade inanellate, tanto da catapultare l’osservatore- viaggiatore in un abisso onirico. Tutto ciò che si vede, infatti, emana luce pura, tale da permettere alla mente e all’anima di vagheggiare l’amore per la vita. Napoli, inoltre,con la sua bellezza sfavillante, ha ispirato le opere di una moltitudine di poeti, scrittori, musicisti, artisti. La sua bellezza, infatti ,lascia tutti folgorati, da potersi catalizzare nella celebre affermazione di Totò, ovvero “vedi Napoli e poi muori!”.

Il 31 Ottobre ricorre l’anniversario della morte di Eduardo De Filippo: quaranta anni fa, dunque, egli lasciò il teatro italiano orfano di uno dei suoi maggiori interpreti. Da notare che Giuliano Pavone,appassionato studioso dell’artista,pubblica un romanzo di formazione che ha come protagonista proprio Eduardo De Filippo.

Con Eduardo De Filippo ci troviamo di fronte alla cultura meridionale, la “nostra” cultura, da conoscere bene per poterla custodire preziosamente,affinché possa essere sempre riecheggiata e trasmessa ai posteri.

Tutti conoscono , almeno per sentito dire, la famosa “Napoli Milionaria!” . Si tratta , dunque, del titolo di una commedia molto nota in Italia, ma anche in altri Paesi, in cui la sua rappresentazione ne decretò cospicui successi di pubblico.

Celebre è una frase tratta da quest’ ultima, diventata quasi un “topos” tra i contemporanei, vale a dire “Hadda passa’ ‘a nuttata” (deve passare la notte) utilizzata, infatti , nel linguaggio odierno nel senso di sopportare i momenti difficili della vita, nella speranza che, primo o poi, dopo un periodo buio e di stasi (appunto,la nottata), si possa giungere ad una risoluzione e ad un superamento di esso. Una locuzione citata sovente tra i contemporanei per dare conforto e sostegno a coloro che si trovano ad  attraversare un periodo di prove difficili, benché si attendi l’arrivo della luce.

Al di là di ciò, ampliando lo sguardo sull’arte e sulle sue diverse manifestazioni, è interessante notare il legame tra questo messaggio morale e ciò che le opere d’arte e la letteratura ci vogliono trasmettere: la forza e la bellezza di “abbracciare” la luce,  nonostante l’anima sia stata messa a dura prova da momenti di dolore e di sconforto. E , soprattutto, benché questa luce illumini il nostro cammino e curi tutte le ferite, metaforicamente sanguinanti e doloranti, è fondamentale non arrendersi. Nei momenti di smarrimento, il miglior antidoto si cela nella lettura di un romanzo o nel messaggio morale che veicola un’ opera d’ arte o, semplicemente, nell’ ascolto di una sinfonia.

Anche Eduardo De Filippo, dunque, trasmette e fa comprendere, attraverso le sue opere e la sua poetica realistica, che nonostante tutto, domani sarà, sicuramente, migliore di oggi!

Celebre è una parte dell’ultimo discorso di Eduardo al Teatro Greco di Taormina, tenutosi  il 15 Settembre 1984: <<… è stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere! E l’ho pagato , anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato.>>

Eduardo De Filippo, nato nel 1900 a Napoli, è un personaggio poliedrico e prolifico ,ricordato come attore, regista, sceneggiatore, scrittore. Per il film “Due soldi di speranza” riceve , nel 1952, il premio come miglior sceneggiatore al Nastri d’Argento.

Dai versi poc’anzi citati si evince che la sua passione fu il teatro e che si sacrificò alacremente in nome di essa. L’attività teatrale, infatti, fu elemento cardine nella sua esistenza. Si distinse anche come autore di numerose opere teatrali da lui stesso messe in scena e ,poi, tradotte e rappresentante anche all’estero.

Come il fratello Peppino e la sorella Titina, giovanissimo iniziò a recitare , toccando con mano il mondo della recitazione e dello spettacolo.

In seguito, nel 1932 fondò con i fratelli la compagnia del Teatro Umoristico che durò fino al 1945 ed ebbe un grande successo in  Italia.

Eduardo, però, attraversato da un talento naturale, devoto alla scrittura, pensò di dilettarsi anche nella stesura di testi, come “Sik-Sik l’artefice mangico” (1930), “Natale in casa Cupiello” (1931), “Chi è  cchiu’ felice ‘e me” (1932), “Non ti pago” (1940), in cui emerge una comicità velata dalla tragicità e amarezza. Da qualche titolo notiamo

che, nel discorso drammaturgico, egli fece uso del dialetto. Intanto, si fece conoscere anche dal cinema,ottenendo grande ammirazione con “Il cappello a tre punte”.

Nel 1945 si dissociò dalla compagnia fondata con i fratelli e costituì il Teatro di Eduardo , presentandovi commedie in cui si pone svariati interrogativi sullo stato dell’uomo contemporaneo ,facendosi ispirare dalla lezione di Pirandello. È questo il periodo che vede emergere opere, quali “Napoli milionaria” , “Filumena Marturano”, “Sabato, domenica e lunedì”, “Il sindaco del rione Sanità”, “Gli esami non finiscono mai”, e tante altre.

Il suo teatro evoca un messaggio universale, in quanto , attraverso le opere, egli focalizza l’attenzione sulla povertà, indagando i cuori ed i sentimenti degli umili, cantati in modo farsesco ma , contestualmente, tragico. Le sue opere sono dense di sfumature e di riflessione profonda, perché Eduardo ha saputo scavare il mondo degli umili, i loro valori e sentimenti, il loro vissuto, il loro animo.

Nonostante il suo teatro fosse caratterizzato dal dialetto, ebbe grande successo soprattutto in Gran Bretagna e in Russia. Di alcune delle sue commedie ne fu fatta anche la versione cinematografica, diretta e interpreta da Eduardo stesso, alla quale conferì un gusto neorealistico.

Tradusse in versi napoletani “La Tempesta” di Shakespeare , concludendo ,in tal modo, la sua carriera di scrittore. Nel 1981 il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini lo nominò senatore a vita.

Napoli Milionaria! è una commedia del 1945.

“Poche settimane dopo la liberazione mi affacciai al balcone  della mia casa di Parco Grifero , e detti uno sguardo al panorama  di questa città martoriata: allora, mi venne in mente in embrione la commedia e la scrissi tutta d’un fiato , come un lungo articolo sulla guerra e le sue deleterie conseguenze” (Eduardo).

La commedia fu scritta in poco tempo, impiegò solo qualche settimana di stesura e fu rappresentata al Teatro San Carlo di Napoli. Essa fu rappresentata in vari Paesi europei, ma molto importante risultò quella di Londra nel 1972. Il 22 Giugno 1977 ,al Festival dei Due Mondi di Spoleto, debuttò la commedia in tre atti,con libretto di Eduardo e musiche di Nino Rota.

Qui, la guerra diventa motivo di ispirazione. Eduardo racconta con grande bravura e genialità il desiderio di dimenticare le nefandezze della seconda guerra mondiale, le quali  hanno distrutto la sua città. Ma non solo , perché da questi anni di instabilità  costellati da svariati conflitti,  un secondo  rappresentava un’altra guerra civile e interiore. Lacerazioni interiori provocate dalla mobilitazione sociale, dagli armamenti, dai conflitti, dal sangue che crogiolava dalle ferite fisiche ed interiori, dalle sofferenze.

Eduardo De Filippo, quindi , dà voce proprio alla Napoli del dopoguerra , la Napoli dei quartieri poveri, di chi ha combattuto e porta con sé i ricordi più atroci della guerra.

Un tono diverso , invece,  caratterizza “Natale in casa Cupiello”, attraversata anch’essa da una lotta interiore attuata , però, contro i costumi e la mentalità schiacciante e schiavizzante dell’epoca. Il giorno di Natale, dunque , intorno ad una tavolata gremita di buon cibo, tra le risate di sottofondo e l’affetto della famiglia, non manca quasi mai il riverbero della cultura del Meridione , soprattutto, attraverso  la visione di un’ opera di straordinaria importanza, in cui aleggia molta comicità tale da provocare il riso.

Natale in casa Cupiello : un’opera teatrale tragicomica. È una delle commedie più note di Eduardo e molto conosciuta. Un lavoro ben fatto, portato in scena il 25 dicembre 1931 al cinema Filangieri (ex Kursaal di Napoli), segna l’inizio prosperoso della compagnia del “Teatro umoristico”. Il progetto iniziale prevedeva un unico atto ma, in seguito, furono aggiunti altri due atti. Eduardo asserì dicendo che essa era nata come un “parto trigemino con una gravidanza di quattro anni”, in virtù della sua complessa genesi.

Nei tre atti vengono delineati i tratti essenziali di circa cinque giornate tipiche della famiglia Cupiello. Negli atti I e III vengono rappresentate la camera , mentre nell’atto II la sala da pranzo. Tra gli attori principali  ricordiamo: Concetta, Luca, Ninuccia.

Si alza il sipario e prende avvio la visione del primo atto, in cui viene rappresentata la  camera da letto ed un presepe non ancora ultimato.  Il suono delle ciabatte di Concettina che  ripete la frase: “Lucarie’, Lucarie’, scetete songh ‘e nove!” È proprio l’inizio del  primo atto, che vede in scena Concetta Cupiello, il richiamo per il caffè pronto, le preparazioni natalizie da ultimare , le tensioni con Ninuccia innamorata del giovane Vittorio e non del marito. La celebre domanda di Luca Cupiello al figlio Tommaso: << Te piace ‘o presebbio?>> (<<Ti piace il presepe?>>), particolare elemento comico del testo. Da notare che dal presepe al pranzo tutto è preparato secondo tradizione. I preparativi per il Natale sono fondamentali per Lucariello. Nel terzo atto si assiste al sopraggiungere della malattia che colpisce Luca Cupiello; quest’ ultimo non regge alla notizia della figlia innamorata di Vittorio.

Eduardo sa rappresentare bene la scena devastante: al centro il malato, intorno ad esso , invece, vi sono i parenti e i vicini di casa. Il medico dice che solo un miracolo può salvarlo.  Un miracolo che non si avvererà. La storia termina con la morte di Luca Cupiello, uno dei personaggi principali dell’ opera. Questi , inoltre, all’ inizio dell’ opera ci appare fragile, utopistico ; alla fine si svela come il più forte.  Quando il sipario si abbassa, nella mente dello spettatore, si addensano tutte le possibili riflessioni: un dramma in cui aleggia la fuga da una verità cruda, le convenzioni sociali che subordinano chi non riesce a distaccarsi da esse; poi, l’ipocrisia, la vergogna dello scandalo, la mentalità ristretta, sempre più radicata a quel tessuto sociale fatto di giudizi e pregiudizi; tutti elementi che caratterizzano lo scenario di svariate esistenze protagoniste della rappresentazione. Ogni personaggio incarna una psicologia e un’architettura comportamentale diverse. La malattia,in un certo senso, salva o meglio libera Luca dal peso di una vita nella quale si sentiva inadatto, trasportandolo in una dimensione di serenità e tranquillità. Tommasino così, comincerà  ad amare ” ‘o presepe”,  che in precedenza, invece , aveva detestato.

Un testo di gran lunga interessante, in cui si colgono tutti gli elementi della realtà napoletana di quel tempo e si delinea, infine, un viaggio nei costumi e nella mentalità del passato.

“Natale in casa Cupiello” non ci insegna solo a conservare le tradizioni della nostra cultura , il calore e valore del Natale, ma trasmette anche il tentativo di scardinare certe mentalità chiuse, di andare sempre oltre, affinché si possa vivere un’ esistenza pacifica,  serena e armoniosa.

Una “ricetta” ottima per accantonare il costante giudizio che ci circonda e scoprire la bellezza dell’essere felici e liberi nella propria vita.

Attraverso la visione di questa opera è possibile delineare le analogie e differenza tra i costumi odierni e quelli di un tempo.

Si tratta, sicuramente, di un’ opera di eccezionale rilievo artistico, monumento della cultura meridionale.

Autore

Originaria di San Salvatore Telesino,laureanda in Lettere e Filosofia presso l'Università di Napoli, Federico II, sin dall'adolescenza si è dimostrata attenta alle tematiche sociali e di attualità. Ha collaborato , per alcuni anni, con il gruppo "Spazio Giovani". Inizia a suonare il pianoforte durante l'infanzia, in seguito, decide di interrompere questo percorso per cimentarsi in altre passioni, come la scrittura. Nel 2021 scrive il romanzo introspettivo intitolato "Scaffali di ricordi", pubblicato nel 2022 dalla casa editrice 2000diciassette. Ha partecipato a diverse presentazioni di libri-soprattutto romanzi- in qualità di relatrice. Si dimostra, inoltre, particolarmente interessata alla Letteratura Italiana novecentesca e ai fatti culturali della sua località d'origine: a ciò dedica alcuni articoli di stampo culturale. Collabora, infatti,con più testate giornalistiche. È impegnata, attualmente, nella stesura di articoli culturali e di cronaca per svariate e note testate giornalistiche.