
Ormai sono anni che si parla del problema dei cinghiali, sia per gli agricoltori che per le città, non ne è esente nemmeno la capitale. Spesso entrano nelle nostre città e rovistano nella spazzatura in cerca di cibo. Creano disagi agli automobilisti causando incidenti, anche mortali. Negli ultimi anni aumentano i problemi e sono soprattutto la causa maggiore della crisi agricola alla pari del cambiamento climatico.
Il problema dei cinghiali rappresenta una sfida significativa per gli agricoltori in molte regioni d’Italia e non solo. Questi animali selvatici causano ingenti danni ai raccolti, alle coltivazioni e alle strutture agricole. Essi si nutrono di una vasta gamma di vegetazione, includendo cereali, tuberi, frutta e ortaggi. Possono devastare intere aree di coltivazione in cerca di cibo. Il loro passaggio, in più, può compattare il terreno, causando problemi di drenaggio e riducendo la resa agricola. Tali animali hanno una notevole capacità riproduttiva; una femmina può partorire fino a 10 piccoli all’anno, contribuendo così all’aumento della popolazione. In molte aree, la diminuzione dei predatori naturali ha portato ad una crescita incontrollata delle popolazioni di cinghiali. In realtà questa incredibile capacità riproduttiva non è tipica dei cinghiali autoctoni italiani, bensì di ibridi. Questa specie introdotta negli ultimi anni nel nostro Paese sta causando l’estinzione di quelli autoctoni.
Il tema dei cinghiali diventa un disagio economico per le aziende ma anche un grave problema economico per le regioni e lo stato.
Molti agricoltori stanno investendo in recinzioni elettriche o altre barriere al fine di proteggere i propri raccolti, spesso questo avviene con investimenti propri senza veri aiuti da parte delle Istituzioni. Infatti, per proteggere i campi dai cinghiali, gli agricoltori devono sostenere costi aggiuntivi per la realizzazione e la manutenzione di recinzioni, sistemi di dissuasione chimica ed acustica o barriere elettroniche. In caso di sopralluoghi ai danni del raccolto, i risarcimenti vengono erogati a distanza di un anno e questo costringe gli imprenditori agricoli ad anticipare i propri capitali sempre più ristretti a causa di politiche inadeguate da parte delle Istituzioni stesse. I danni causati dai cinghiali possono portare a perdite economiche considerevoli per gli agricoltori, che devono affrontare costi aggiuntivi per riparare i danni ed implementare misure di protezione.
Invece, per le regioni e lo Stato, il danno economico è nel correre ai ripari con i risarcimenti che sono costretti a dare agli imprenditori agricoli. Purtroppo, il ritardo nell’erogazione di questi risarcimenti porta un ulteriore danno economico legato alle aziende stesse, ossia il rischio di chiusure per gli ingenti danni ricevuto dai cinghiali. Il problema non è solo nella parte dei risarcimenti ma anche in altri comparti. Le specie selvatiche diffondono malattie che hanno conseguenze anche sulle attività economiche del settore primario come ad esempio il contagio di peste suina africana. I danni all’agricoltura sono enormi, la media annuale è di 17 milioni di euro. In realtà, la cifra complessiva raggiunge i 120 milioni di euro coprendo gran parte del settore agricolo e alimentare.

La gestione della fauna selvatica attraverso la caccia regolamentata è una delle strategie adottate per contenere la popolazione dei cinghiali. Alcuni agricoltori utilizzano metodi di dissuasione, come l’impiego di predator scents (profumi predatori) o rumori, per tenere lontano i cinghiali. La gestione della popolazione di questi animali deve essere bilanciata con la conservazione degli ecosistemi locali e la biodiversità. È importante attuare strategie che siano sostenibili nel lungo periodo, per evitare conseguenze negative per l’ambiente oltre che per gli agricoltori. Il problema dei cinghiali richiede un approccio integrato che coinvolga agricoltori, Istituzioni ed esperti di fauna selvatica, per trovare soluzioni efficaci e non solo false promesse oppure risarcimenti ritardatari con ulteriore spreco di denaro senza una reale soluzione. Per molte aree del nostro paese, l’agricoltura rappresenta ancora un pilastro fondamentale per l’economia, contribuendo in modo significativo anche al PIL e all’occupazione Nazionale. Tuttavia, l’aumento dei danni causati da questa piaga sta mettendo a dura prova la sostenibilità delle aziende del settore, costrette a fronteggiare perdite economiche elevate e costi aggiuntivi per la protezione dei raccolti. Questa problematica costringe molte zone del Paese ad impoverirsi sempre più a causa dell’abbandono del settore e di conseguenza anche lo spopolamento di aree geografiche.
Ad oggi sembra che ci sia una vera mancanza di strategia da parte della politica sia regionale che quella Nazionale sulla risoluzione del problema. Dall’indagine di ISPRA emerge un aumento generalizzato degli esemplari che richiede l’adozione urgente di una strategia nazionale “che integri interventi di prevenzione dei danni e di contenimento delle popolazioni, e che assicuri prelievi selettivi e pianificati coerentemente con l’obiettivo prioritario di riduzione dei danni”.
Le premesse non sono rosee ma ci auguriamo sempre in un intervento politico, al fine di raggiungere un obiettivo serio per la risoluzione del problema. Risoluzione che molte associazioni hanno già esposto ma con un approccio ostile per la politica stessa; già nel 2014 e successivamente nel 2019 il WWF aveva più volte presentato proposte concrete alle Istituzioni su questo tema anche attraverso la redazione di dettagliati documenti contenenti le linee guida per una gestione sostenibile del cinghiale nel nostro Paese, in occasione di audizioni tenutesi dinanzi alle Commissioni Agricoltura della Camera e del Senato. La storia della gestione del cinghiale in Italia è il frutto di una pessima gestione faunistica venatoria, sostenuta paradossalmente dalle stesse Associazioni agricole, con approcci sbagliati conditi di retorica e facile demagogia.