
I valori, di giustizia e libertà, restano gli assoluti che inebriano il rispetto dei diritti umani, nell’ambito europeo, infatti, non viè alcuna dissonanza tra difesa e pace per un’Europa che vuole essere partecipe, e lo è fin dai tempi del confitto mondiale, sebbene a seguire non fu il fulcro del mondo politico e neanche del mondo geografico, influenzata come era dalle super potenze e dai loro mercati, mentre lentamente, assunse una presa di coscienza che perdura fino ai nostri giorni.
In un cambio storico di evoluzione politica, di visione e di prospettive geopolitiche che ancora oggi l’Europa pone come quesiti rilevanti, come interrogativi influenti la suadimensione esterna nel mondo globale.
Inoltre, il cambio di paradigma neocapitalistico finanziario, che ingerisce nel destino globale ed europeo, senza interfacciare, con i rapporti bilaterali che da sempre intercorrono fra Europa ed emisfero africano, asiatico e nonché atlantico, suscitano problemi che spingono ad una soluzione di non continuità, a causa delle poli-crisi diversificate che la globalizzazione sta procurando ad un malato quale è il mercato e le sue incidenze finanziarie.
L’Europa, è il manifesto di se stessa e delle sue diversità etende ad unitarietà sociale e civile, senza passare per una cura patologica, responsabile e consapevole di un nuovo deal sociale sovranazionale, ed umano, che trae la fonte da una storicità che ha gettato le basi per superare la criticità e la crisi delle democrazie sovrane europee, ovviando a derive sovraniste e alle loro possibili aggressività, ormai esempi di debolezza di imperi, che si sentono ad un passo dal declino, e rifuggono all’uso di crisi belliche, ponendo in campo una tecnocrazia antisistema, sviscerando gli equilibri globali e cercando di dividere l’Europa ormai destinata ad una statuizione sovrana.
La democrazia globale, certamente è messa a dura prova da forti spinte autoritarie, atlantiche e non solo, ma il vecchio Continente europeo, recupera il suo cuore antico, ed evita il baratro delle derive, esplicitando da sempre delle leadership conservatrici, di grande rilevanza, dalla Thatcher, passando per la Merkel, fino a giungere alla Meloni, senza spingere verso catastrofiche difficoltà geopolitiche, anzi riacquisendo in una dimensione esterna con resilienza e valorizzazione, unaposizione preminente nello scacchiere mondiale.
Non siamo più difronte ad una grave crisi di pensiero sociale, e tantomeno sociologica secondo autorevoli pensatori, la civiltà europea e suoi valori, le sue credenze e le sue tradizioni, stanno rivivendo un momento, di autotutela che può sembrare di stampo sovranista, ma non lo è, l’Europa e tantomeno le sue nazioni preminenti, quali l’Italia , la Germania, la Francia, la Spagna, aprono le porte ad un pensiero di attuazione in chiave moderna del Mercato unico, verso una sovranità allargata, senza sfociare in un green Deal, ecologista, ma sta traslando in una controrivoluzione ambientale, che risente di una tecnologia avanzata sebbene ancora di importazione cinese, che non si piega ad una catastrofe filosofica dell’aziendalismo green autodistruttivo.
Il neo umanesimo europeo, lascia spazio, al recupero delle tradizioni, senza escludere le modernità in voga per un futuro destinato ad una apertura centrata nelle nostre sapienze scientifiche, imprenditoriali, artigianali, ma l’eccesso disicurezza, improvvisata e poco programmata, sta calcando un po’ la mano ad un controllo massivo delle università, degli atenei, fonte di rinascita di pensiero e non opponibili ad una ingerenza politica, perché dove cresce la scienza e il suo libero pensiero, cresce la salvezza, e l’Europa ha coscienza e prontezza di quanto accade, e non deve incorrere nel rischio di sabotare l’evoluzione del pensiero libero e delle sue performance.
La ricostruzione europea, così visualizzata, dunque , in una visione dinamica, in un divenire eracliteo, può giungere ad un sol destino, dimensionata in una pluralità di fattori equilibratori, evitando le autocratiche e protezionistiche visioni trumpiane, con grande diplomazia e svoltando e arginando le spinte imperialiste putiniane, con deterrenza, in cui si salvaguardano antichi privilegi in contrapposizione adun mondo globale che si evolve, non può, l’Europa trincerarsi verso un pensiero unico, dominante, ma deve consentire la liberalizzazione del pensiero, proiettato verso il futuro e il progresso delle idee, perché riformare e conservare non vuol dire orientare, ma democraticamente preservare un esperienza pluralistica finalizzata e fungibile alla sovranità delle diversità europee che passano attraverso la cultura europea.
La mancanza , tuttavia di una forza europea omogenea, fa convergere lo sguardo al passato per ovviare agli errori e agli orrori derivati da essi, in una Europa di oggi, che gioca la sua supremazia e il suo umanesimo sociale, e il suo ruolo nel mondo, pertanto, la salvezza della stessa consiste nell’apertura delle barriere doganali a dispetto di un tatticismo trumpiano, allargando le maglie della sua competitività in una sorta di misure prospettiche che normalizzano i rapporti, sviluppando ed implementando nel mondo globale quel senso di appartenenza ad una Europa tanto ambita quanto riconosciuta come fonte di un risorgimento per una nuova era industriale,stringendo e diffondendo un sentimento di una comune appartenenza alla civiltà europea del diritto e della sua democrazia sovrana, nel continente più antico del mondo.
Il risveglio delle coscienze europee e delle sue sovranità nazionali, parte dalla realizzazione di un futuro necessario, libero e giusto, che mai è stato disatteso ed è ora indispensabile, in un mondo in cui i tatticismi finanziari cedono il passo ad una povertà reale, dove la sofferenza delle istituzioni, anche europee sembra creare o avvantaggiare un declino verso una rotta priva di solidarietà e democrazia, senza pace ed equilibrio tra i popoli, volta a perire in un regime di progressismo paradossale e antitetico ad un nuovo umanesimo di libertà di pensiero.
Ma non sarà così, difendersi dall’apologia di pensiero, o da una paventata apocalisse ideologica, funge anche il riarmo focus di una sicura cementificazione di una unità mai persa ma ritrovata tra le rime, di una conservazione non solo nazionale ma anche sovranazionale, per l’unità e l’integrità territoriale, che motivano il sentire europeo.
Certamente gli europei sono in una metamorfosi kafkiana del reale che sembra rimuovere o far ritornare gli spauracchi,abbandonati negli orrori della storia, pertanto una Germania che si riarma dopo aver debellato la paura di una estrema destra, eletta, non lontana dai tempi della repubblica di Weimar, tempi in cui l’Europa tra diversità e identità ha conosciuto i suoi abissi nell’olocausto, e anche delle guerre civili del Novecento, oggi, porta ad escludere l’improvvisazione e i nazionalismi che furono di allora, ma non escludendo la possibile ripetitività degli eventi, in una visione planetaria della politica la consapevolezza, di oggi,rimuove le derive storiche e implementa un’Europa scevra da una decontestualizzazione delle proprie scelte o decisioni politiche, che impongono comunque una sostenibilità pacifica del popolo europeo e della sua nazione Europa, verso un solo destino.
Il nuovo umanesimo non tocca però certamente le élite globali che sperperano le risorse del pianeta a fronte di una profittevole vantaggio finanziario accelerato dal sistema globale, in un paradigma alimentato da giochi a somma zero dove i vincitori sono vinti dalle loro scelte scellerate e insostenibili, un gioco perverso che tende al massacro delle masse meno ambienti e della sostenibilità del pianeta, in un incondizionato sfruttamento dell’ambiente e dei suoi abitanti, subordinati da un sistema che non cerca un ritorno.
Pertanto, per ovviare ad un sistema così paradossale, sembra ancora attuale il funzionalismo degli europeisti degli anni Cinquanta, perché si deve tentare una cura che sembra necessaria a livello globale, che possa percorrere una viaconservatrice, posta ad un procedere lento verso una Europa unita, rimuovendo diplomaticamente i blocchi contrapposti ad essa, per far riemergere quell’entusiasmo necessario che fu dell’origini dell’integrazione delle diverse economie per sfociare poi in una politica sempre più comune.
L’illusione delle tecnologie, diventa pragmatismo, elemento di superamento delle barriere tra i popoli che determinanol’unione europea sia per una nuova unità tra le culture, tra le etnie, cercando di porre freno alle nuove forme di solitudine che lacerano il corpo sociale e collettivo dell’umanità globale, e con il trionfo della modernità, l’Europa può sostenere un destino di recupero della sua identità storica senzaabbandonare la sfida della complessità tecnologica e senza incorrere in tecnicismi estremi, e in crisi belliche immotivate.
La giustizia, la libertà dei cittadini europei e dello stato sovranazionale europeo non dovrebbero eliminare deficit di democrazia, ma accrescerla, per un passo decisivo verso un solo destino, verso un destino molto pragmatico ma anche sociale, dove il pensiero politico deve avere il coraggio di non chiudersi in un paradigma finanziario ed economico puramente quantitativo, e seguire così le istanze reali e i bisogni reali dell’intera comunità e collettività europea per un benessere universale non solo primario, ma inclusivo.
L’Europa è conscia di essere una potenza esportatrice, infatti molti paesi limitrofi ambiscono a divenire europei, perché sono tutelati i diritti, economici e sociali oltre che finanziari, e si estendono pari opportunità e di qualità della vita in generale. Tanto da modificare il sogno mondiale da americano in europeo, perché vivere da europei è assolutamente sostenibile. Tutto il surplus commerciale è frutto di ciò che l’Europa produce e di ciò che commercializza nel mondo, ma il vero valore europeo è la dignità, il forte senso di appartenenza alla nazione Europa e alla sua cultura dove si riscontra un benessere diffuso. La volontà di difendere la nostra territorialità c’è, e la storia ci ha insegnato che gli estremi conducono, all’odio e ad un disprezzo della qualità della vita, che deve essere basata sul rispetto delle regole europee.
Bisogna porre fine alla fuga dei cervelli verso mete, senza dignità, salvaguardare le radici europee, si può, puntare alla tutela dei nostri cultori, è doveroso, e ciò non deve passare solo attraverso il metodo o il merito delle menti, ma attraverso un sistema di partenariato con il mondo reale e le sue strutture aziendali, sviluppando un circolo virtuoso dell’economia europea, superando il fenomeno del mismatch, ovvero la sfida della negazione di entrare in un mercato del lavoro privo di risorse concorrenziali e la carenza di competenze specifiche.
La competitività richiede, un pensiero scientifico libero ma anche una filosofia politica meno burocratica, bisogna incentivare un Europa scevra da regole opprimenti sia per le imprese che per i cittadini, perché l’eccesso di regolamentazione rappresenta una forma di dazio politico allo sviluppo interno dell’Europa, causata da una sovrabbondanza di normativa che si contrappone al libero scambio interno e alla sua evoluzione professionale, in ogni categoria commerciale e merceologica.