• 18 Novembre 2025

L’Ungheria, da diversi anni, sta attraversando una profonda crisi politico-democratica e negli ultimi anni anche da una profonda crisi economico-finanziaria. Il Paese è guidato dal governo di Viktor Orban che ha instaurato un vero e proprio regime politico di forma autoritaria a partire dal 2010.

Durante il suo mandato, Orban ha implementato diverse politiche che hanno sollevato preoccupazioni sulla democrazia e sulla libertà in Ungheria. Le modifiche costituzionali, a partire dal 2011, emanate da Orbán hanno limitato e ridotto la libertà di espressione, le libertà individuali, la libertà di stampa e hanno indebolito la Corte costituzionale e il potere giudiziario, causando un arresto e un arretramento della democrazia in Ungheria, facendo diventare il Paese uno Stato autoritario.

Il simbolo dello stretto rapporto fra stampa e potere politico in Ungheria è una fondazione istituita nel novembre 2018, Kesma, acronimo che in ungherese sta per Fondazione centro-europea della stampa e dei media. Raggruppa circa 500 organi d’informazione, dalla carta stampata al web passando per radio e televisione, donati dai loro proprietari. La presiede Gábor Liszkay, un fedelissimo del premier ViktorOrbán, e che in passato ha guidatoMagyar Idők, quotidiano confluito nella fondazione con il suo nuovo nome,Magyar Nemzet. La fondazione Kesma è un chiaro esempio di concentrazione mediatica che ha reso ancora più evidente la disparità di forze esistente fra i media indipendenti e quelli vicini all’attuale governo magiaro. Fra di essi, vi è anche la televisione pubblica Mtva, da tempo schierata a favore del partito di governo, Fidesz, e al centro delle proteste di piazza del dicembre 2018 a Budapest, quando venne circondata da migliaia di manifestanti che ne invocavano l’indipendenza. Dopo anni di chiusure o acquisizioni da parte di imprenditori filo-governativi di quotidiani e periodici, stazioni radio e televisive, oltre a siti di notizie sul web, oggi i media indipendenti di rilevanza nazionale in Ungheria si contano sulle dita di una mano.

Orban ha implementato politiche migratorie restrittive, tra cui la costruzione di un muro al confine con la Serbia e con la Croazia. Il tutto con l’impotenza dell’UE di far fronte al problema dell’immigrazione e dando manforte alle politiche retrograde di Orban su questo tema.

Il governo di Orban ha limitato le libertà civili, tra cui la libertà di associazione e di assemblea. Queste politiche hanno sollevato preoccupazioni sui diritti umani, in particolare per le minoranze, gli immigrati e la comunità LGBTQ. Il 7 luglio 2021 è entrata in vigore la contestata legge che vieta nelle scuole la diffusione di informazioni e pubblicazioni sull’omosessualità o sul cambio di sesso. Nel marzo 2025, il governo ha votato a favore del divieto del Budapest Pride, promettendo di imporre multe sia agli organizzatori che ai partecipanti che avessero tentato di partecipare alla marcia. Il divieto ha scatenato l’indignazione dell’opposizione, con diverse manifestazioni contro di esso. Nonostante il divieto imposto dal premier Viktor Orban, sarebbero circa 200 mila, secondo le autorità comunali di Budapest, le persone che hanno marciato nella capitale ungherese alla sfilata dell’orgoglio Lgbtqia+.  All’evento hanno partecipato ministri di diversi paesi dell’Ue e decine di parlamentari europei soprattutto di sinistra, dei socialisti e democratici e liberali. Insieme alle bandiere Lgbtq c’erano anche tanti cartelli contro il premier Orbán, come era prevedibile, ma anche contro la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, accusata di non fare nulla contro la dittatura di Orbán.

L’UE in generale ha totalmente fallito su ogni aspetto nel garantire il rispetto delle regole per farne parte e tra queste proprio la democrazia nei singoli Stati che ne fanno parte. La Commissione Von der Leyen è stata ed è un continuo fallimento nel poter far rispettare regole per i cittadini europei mentre riesce solo a non rispettare la dignità dei popoli.

Oggi, forse, le cose stanno cambiando anche in Ungheria, questo non grazie all’UE, ma ad una crisi economica che stanno vivendo i cittadini oltre che ad una crisi totalmente democratica degli ungheresi. Nella primavera del 2026 ci saranno le elezioni, anche se molti hanno i timori di un vero e proprio colpo di stato di Orban, in quanto per la prima volta il suo partito è ai minimi storici. I cittadini non vogliono più essere sottomessi alla dittatura di Orban e sta salendo sempre di più nei sondaggi il partito Tisza, fondato da un ex alleato di Orbán, il liberale centrista Péter Magyar. Quasi tutti i sondaggi danno un distacco di 15 punti percentuali ma, come ben sappiamo, i sondaggi sono sempre da prendere con le pinze.

Quello che in realtà fa capire quanto gli ungheresi si siano stancati di Orban e della sua politica repressiva lo dimostrano le continue manifestazioni contro di lui e del suo governo.

Staremo a vedere come si evolverà la questione ungherese dopo il voto nella primavera del 2026.

Autore

Campano, laureato in scienze politiche e relazioni internazionali, specializzato in scienze della politica in studi parlamentari all'Università della Sapienza di Roma. Collaborato con RadioSapienza, web tv e giornali web. Direttore della Biblioteca Comunale Safina di Gioia Sannitica. Sono stato presidente del Comitato Sviluppo e Territorio. Appassionato di viaggi internazionali e scrittura pubblicando un primo libro, un giallo ironico, in formato ebook, i segreti di filetto. Il libro è il primo capitolo su 4. Appassionato di storia, soprattutto locale.