I silenzi e le urla dalle uniformi sono la testimonianza di quello che nei secoli passa da generazione in generazione. Uomini e donne che giurano alla Patria di essere fedeli fino a mettere in gioco la propria vita, per proteggere ogni singolo cittadino, per garantire ordine e sicurezza in ogni luogo. Ed e’ proprio questo giuramento che oggi ci rende testimoni di lutti orrendi causati dalle folli menti di esseri privi di coscienza. La tragica esplosione al casolare di Castel d’Azzano in provincia di Verona, ha visto morire tre carabinieri ; il luogotenente Marco Piffari, il carabiniere scelto Davide Bernardello e il brigadiere capo Valerio Daprà, tutti e tre vittime della stoltezza e della ferocia malvagità dei fratelli Ramponi i quali pur di non farsi portare via la loro casa ipotecata, hanno preferito farla saltare in aria nell’ esatto istante del sopralluogo da parte delle forze dell’ordine. Un gesto insano che era stato in altri momenti preavvisato come possibilità per difendersi dallo sfratto esecutivo. I fratelli Ramponi vivevano nel casolare senza energia elettrica, senza acqua e in uno stato pietoso di abbandono e di degrado volontario, in ambienti sporchi e invivibili.
Si nutrivano prevalentemente del latte munto dalle loro mucche e dai prodotti ricavati dal loro orto. Non avevano amici, non socializzavano con nessuno, ed è stato un vivere da preistorici che li ha chiusi in una sfera di ignoranza assurda costata la vita ai tre carabinieri e vedendone feriti oltre una ventina fra carabinieri e vigili del fuoco, rimasti colpiti dalle macerie. Una storia che va oltre qualsiasi razionalità, che lascia l’amaro sapore in bocca guardando le foto di ognuno e il tricolore sulle tre bare nella camera ardente, dove ogni lacrima solca i visi dei colleghi e dei familiari che lasciano una carezza ed una preghiera. Tutti sentono quel nodo in gola guardando quei volti giovani di padri, di mariti e di figli che sono usciti dalle loro case per adempiere ai loro doveri come ogni giorno e che si sono ritrovati sepolti dai detriti di quel casolare che avrebbero dovuto liberare. Loro bloccati non solo da mattoni e macerie ma bloccati per sempre nell’oscurità, dove mai più potranno uscirne per respirare l’aria pulita di questa terra, per rivedere i colori della vita e per poter condividere gli amori che gli appartenevano, con i loro sogni, i loro progetti, le loro famiglie, dopo tanti sacrifici che li avrebbero portati a vivere nuove e meravigliose esperienze.

E tutto questo per la follia che non deve essere giustificata dal non essere capaci di intendere e di volere perché quegli individui che hanno provocato la fine dei tre carabinieri lo hanno voluto fare con tutta la premeditazione che non deve essere assolutamente perdonata.
Troppo spesso delitti, violenze, femminicidi, pedofilie fanno passare le condanne attraverso i percorsi stabiliti in insanità mentale e molti ergastoli diventano storie di sconto di pene riportando in subdole condanne troppi assassini. Basta con la morte di innocenti, siano essi tutelati maggiormente dallo stato e non sia concesso agli stupidi di giustificare tali morti come un dato di fatto che segue la scelta di professione dei militari; “ Hanno scelto loro di fare i militari e quindi sapevano che potevano morire un giorno per il lavoro svolto”.

E’ inammissibile leggere e sentire tali osservazioni. E’ vero che si giura di essere pronti a morire per la Patria ma questo non deve essere una motivazione per giustificare o peggio perdonare chi li uccide. Bene ha fatto la magistratura ad applicare il reato di strage nel rinvio a giudizio per gli insani gesti causati da individui come quelli commessi dai fratelli Ramponi, per garantire una sicura condanna a vita nelle patrie galere .
