Togliete la libertà nell’uomo, e voi avrete
esaurito nella sua sorgente ogni lavoro
possibile, essendone essa sola
la causa, e la causa vera,
reale, e non immaginaria.
Stefano Cusani, Dell’economia politica
Il nome di Stefano Cusani è regolarmente citato nelle opere di grandi uomini della cultura italiana ed europea per indicare la prima forma dell’hegelismo napoletano: Francesco De Sanctis, Bertrando Spaventa, Giovanni Gentile, Benedetto Croce. Tuttavia, Cusani non fu solo un teorico dell’hegelismo e un innovatore della scena filosofica italiana tra la Restaurazione e la Rivoluzione nella prima metà dell’Ottocento. Cusani fu qualcosa di più: fu un rivoluzionario liberale – mite quanto si voglia, ma rivoluzionario nel pensiero e nel coraggio civile – che appartenne alla stessa famiglia patriottica dei Poerio e dei Settembrini da cui Croce vide nascere la più ampia “famiglia italiana”. Lo capiamo se consideriamo due fatti specifici: i suoi saggi e l’ammirazione dei contemporanei.
Le introduzioni e le prefazioni son fatte per introdurre e avviare un discorso ma finiscono per anticipare i risultati del lavoro. Cosa, questa, curiosa e resa ancora più strana da un’osservazione dello stesso Stefano Cusani che analizzando un’opera dell’abate Antonio Mirabelli diceva: “E primamente cominceremo dall’esporre la conclusione di tutta l’opera, che trovasi per avventura nella prefazione; perché sempre le prefazioni, prime nell’ordine della pubblicazione, sono ultime nell’ordine della composizione logica e riassumono l’insieme del lavoro”. Era arguto e ironico il Cusani e la sua intelligenza spaziava in tutti i campi del sapere del suo tempo. In fondo, la filosofia di Hegel, sempre sulla scorta della “critica” di Kant che considerava “la più grande rivoltura nelle scienze filosofiche”, gli serviva come un’altura o una montagna dalla cui sommità guardare tutto il panorama circostante e gettare lo sguardo al di là dell’orizzonte, verso il futuro. Allora, per dar retta allo stesso Cusani chiariamo fin dal principio il significato dell’opera del Cusani che fa due cose serie e decisive che sono a fondamento del secolo di Hegel o secolo della storia come è stato definito l’Ottocento: teorizza attraverso Hegel la necessità di una sintesi della cultura analitica del Settecento illuministico e sul piano istituzionale e politico, nel rispetto della libertà che è il senso della filosofia, promuove l’esigenza di avere uno Stato costituzionale-parlamentare. Questa doppia valenza dell’opera di Cusani, teorica e pratica, fa del suo pensiero una filosofia civile in cui non solo la filosofia, incontrando e unendosi alla storia, non è ridotta a fare da segretaria al metodo sperimentale della scienza moderna e abbraccia integralmente lo “spirito umano” ma, proprio attraverso il pensiero attivo dell’uomo, son certi i caposaldi del diritto, della sovranità, del lavoro, della proprietà, della divisione dei poteri, del governo liberale come forme di garanzia delle libertà politiche e civili degli uomini. Questo è Stefano Cusani.
Stefano Cusani adopera un linguaggio che chiede al lettore di oggi uno sforzo in più di comprensione. Usa parole come “ontologia”, formule come “scienza assoluta” o “metodo psicologico” che possono risultare svianti. Ma se il lettore farà il piccolo sforzo in più di comprensione – come, del resto, il lettore deve sempre fare per ogni testo – sarà ricompensato e vedrà aprirsi davanti a sé una strada che percorsa lo condurrà al centro della filosofia moderna o contemporanea che dir si voglia. Se, ad esempio, leggiamo un saggio del 1841 dedicato all’economia politica vedremo Cusani discutere con Adam Smith dei concetti di lavoro, produzione, merce, prezzo, proprietà senza cadere in sviamenti e confusioni che saranno tipici di Marx e dei suoi ripetitori che mischieranno senza capirci granché filosofia ed economia creando sofismi e pseudoscienze. A volte vien da pensare che i giovani hegeliani di Napoli, provenienti dalla “province napoletane” del Regno, erano la vera sinistra hegeliana e che loro, e non altri, ponevano con serietà e lucidità la riforma del sistema di Hegel nel rispetto delle altre scienze e delle altre attività umane come l’economia, la politica, il diritto, la morale. Colpisce di Cusani, che discorre volentieri e con ragionevolezza della “destinazione dell’uomo”, che non sia né fanatico né teologo ma sempre pensoso delle cose umane. Sulla questione or ora menzionata del lavoro e del valore della merce, per esempio, dice: “Se fosse vera l’opinione del Say e del Tracy, cioè che i bisogni costituiscono l’intera misura del valore, io non so come si potrebbe spiegare che in un vaso d’acqua dovesse costar più in un deserto che in una ricca e popolosa città, o che il pane costi più in una contrada sterile, che in un’altra fertile ed ubertosa”. Il valore delle cose, vale a dire il prezzo della merce, dipende dall’energia o dalla forza libera dice Cusani che è quanto dire che “l’accrescimento o la diminuzione del valore delle cose” dipende dal rapporto esistente tra la domanda e l’offerta, la scarsità o l’abbondanza delle risorse. Se i nostri tempi non fossero, al contrario di quanto non s’immagini, bigotti e conformisti, potremmo anche riferire il pensiero di Stefano Cusani sull’usura: “Noi arrecheremo in mezzo l’esempio delle leggi severissime contro l’usura, che eran promulgate in tutti i codici della vecchia legislazione, e che ora sono quasi del tutto bandite, perché l’Economia ha dimostrato che l’usura non si oppone alla libertà di nessuno, e non attenta agli interessi altrui in nessuna guisa, essendo il danaro una merce come tutte le altre, che si può ugualmente vendere a chicchessia”. Sembra di sentire Walter Bloch, nostro contemporaneo.
La “scienza assoluta” alla quale Stefano Cusani fa riferimento in tema di ontologia e di metafisica altro non è che l’esigenza di pensare la realtà storica degli uomini nella sua interezza. Non bisogna usar parole ma concetti, amava ripetere ancora un nostro contemporaneo, e grande liberale, come Nicola Matteucci. Possiamo dire che non bisogna aver paura delle parole ma capire i concetti che esprimono. Così è per il pensiero di Cusani che, collocato in uno spicchio breve del secolo XIX, rappresenta un tassello illuminante della storia del pensiero italiano e una tessera appassionata della vicenda del Risorgimento. Il risultato del nostro lavoro vuol essere proprio la riscoperta di Cusani come filosofo civile che partendo dalla sua Solopaca e approdando a Napoli riuscì con uno spirito da autodidatta, pur avendo avuto maestri come il Puoti, il Galluppi e il Colecchi, a concepire una riforma della filosofia e una volontà di trasformazione della società che avevano come principio e come fine la libertà come lavoro costante dell’umano.
Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo l’introduzione del libro di Giancristiano Desiderio sul primo filosofo italiano hegeliano dell’Ottocento: La filosofia civile di Stefano Cusani (Edizioni Libreria del Castello, 13 euro)