Un elemento che caratterizza la cosiddetta provinciale Piedimonte- Telese o strada Provinciale per Gioia (S.P.290) ma al quale si pone poca o nulla attenzione, è la presenza delle Cappelle votive. Nel tratto da Piedimonte a Gioia Sannitica sull’attuale tratto se ne possono vedere 3, una a San Potito Sannitico quasi di fronte al distributore di carburante e due a Gioia Sannitica rispettivamente all’incrocio per Calvisi e ad Auduni, ma ne esistono altre due una sempre in Auduni ed una a Gioia. Questi elementi architettonici hanno da sempre caratterizzato questa strada, alcune sono state costruite prima altre dopo o a cavallo del 1857 anno di costruzione del tratto di strada così come oggi lo conosciamo.
Nella realtà il primo progetto di sistemazione e costruzione di una strada di collegamento tra Gioia e Piedimonte risale al 1814, in epoca Murattiana, ad opera di
” Raffaele Abbate Ingegnere Ordinario del Corpo Reale di Ponti e Strade”, progetto poi ripreso nel 1816 dopo la restaurazione. Il progetto del tempo andava ad inglobare in parte un precedente tratto da sempre usato dalle popolazioni locali, che variava continuamente in base alle variazioni degli screzi meteorologici. La strada fu in particolar modo progettata e costruita per poter venire incontro ad una serie di necessità economiche prima e sociali dopo. L’istituzione del cotonificio dello svizzero Gian Giacomo Egg a Piedimonte qualche anno prima aveva portato un notevole beneficio economico e creato un importante indotto, nei territori viciniori a Piedimonte, tra i quali Gioia e casali si iniziò a coltivare la Robbia un vegetale da cui si estraeva un colorante il cosiddetto Rosso di Adrianopoli, e vegetale ancora più importante, il cotone. Di conseguenza aumentarono i traffici da e verso Piedimonte, e per Gioia si ebbe la sentita necessità di costruire una strada in grado di supportare anche le “vetture”. Nacque così la prima strada di collegamento tra Gioia e Piedimonte, attraverso un tracciato in buona parte diverso dall’attuale e più a valle di qualche centinaio di metri . Tralasceremo il tratto da Piedimonte a San Potito che tratteremo in un’altra occasione per concentrarci sul tratto ricadente nel territorio di Gioia, partendo dal vallone di “ponte storto”. In realtà la strada del 1814 nel punto appena citato passava più a valle lungo quella che oggi è via Starza, attraversava il fosso naturale all’altezza del fondo Di Nardo e proseguiva lungo via Madonna della Libera, fino all’incrocio con l’attuale mulino e continuava per località Cervarano giungendo ad Auduni su via Mele dove è visibile una piccola cappella votiva a qualche centinaio di metri dall’incrocio con la attuale provinciale, presumibilmente risalente al secondo decennio del 1800, dopo un breve tratto in salita si ritorna sull’attuale tracciato che segue l’antico fino all’altezza di via Soranelli dove al tempo la seguiva per un tratto e si inseriva poi con l’attuale piazza Giovanni Paolo II°.
In fondo a ciò che resta della vecchia strada per Telese si incontra una ulteriore cappella, dedicata a San Rocco. Questa in un ordine sequenziale possiamo considerarla quale la quarta partendo da Calvisi nella realtà è invece la prima per dimensioni ed è relativa ad un periodo a cavallo del secondo decennio del 1800, le dimensioni ne fanno una piccola chiesa e dimostrano l’impegno economico della popolazione nella realizzazione della stessa.
Nel 1857 si costruisce il nuovo tratto o meglio si procede alla nuova sistemazione della strada Piedimonte- Gioia che viene prolungata fino a Telese, ed in questo nuovo frangente vengono realizzate le cappelle di San Potito, Calvisi incrocio con Carattano (o Cappella come lo si definisce) di Auduni, mentre restano fuori dal tracciato la prima di Auduni dei primi del 1800 e la cappella dedicata a San Rocco a Gioia. Ma ci si domanda il perché di questo uso nel costruire cappelle ed edicole votive lungo i tratti stradali, e bisogna dire in proposito che era questo un uso antico risalente agli inizi del cristianesimo, derivato dall’uso romano di collocare le tombe fuori le mura cittadine e lungo le strade dove per i defunti spesso si chiedeva una preghiera. Venivano dedicate a santi e spesso in particolare alla Vergine Maria madre di Gesù e simbolicamente madre di tutti, a San Michele quale protettore nella sua veste di guerriero divino, al Cristo crocefisso a San Rocco protettore dei viandanti.
Ma esiste un motivo ancora più pratico e di utilità sociale, innanzitutto le cappelle erano poste lì dove nelle vicinanze era presente un luogo di culto ad indicare tale esistenza e dove ve ne era più d’uno queste venivano costruite sul lato della strada indicante quello più importante. Nel nostro caso a San Potito immediatamente dopo il dosso è posta a destra per chi si sposta verso Gioia sempre sullo stesso lato a qualche centinaio di metri esiste una chiesa.
All’incrocio Calvisi-Carattano la cappella è posta a sinistra ad indicare così la chiesa di Calvisi di maggiore importanza cultuale rispetto a Carattano, ad Auduni è a sinistra ad indicare il rispettivo luogo di culto, a Gioia la cappella di San Rocco è a destra sullo stesso lato della chiesa dei santi Pietro e Paolo ed in questo caso la posizione è più indicativa per chi giunge da Faicchio. Un ulteriore uso era quello di fornire un luogo illuminato durante la notte, i viandanti avevano così la comprensione di dove fossero giunti, in serate e notti senza luce artificiale le cappelle fungevano da faro. Ma ancora erano tutte luogo di sosta e riposo, poste al termine di un tratto in salita come quella di San Potito o la stessa di San Rocco a Gioia erano una comoda struttura per prendere fiato, entrando ci si poteva sedere e riposarsi in un luogo coperto al riparo dalle intemperie dell’ inverno e dalla calura estiva. Venivano tenute in ordine solitamente da persone che abitavano nei dintorni che per devozione prendevano l’impegno di occuparsene e di illuminarle per la notte, la costruzione delle stesse era un ulteriore segno devozionale e si realizzava con libere offerte in una porzione di terreno donato all’uso. Quindi tali strutture avevano anche un utilità sociale di non poco conto in un tempo in cui la maggior parte delle persone si muoveva a piedi alla mercè dei capricci meteorologici della natura. Poi con il tempo si è persa la comprensione dell’uso di tali strutture, la tecnologia automobilistica ha ridotto i tempi di percorrenza da alcune ore ad alcuni minuti, e così poco per volta è sfuggita totalmente la conoscenza dell’utilità sociale delle stesse. La ristrutturazione in atto negli ultimi tempi è un pregevole esempio di recupero di opere che hanno oltre un secolo e mezzo di vita ma in particolare è il recupero di opere che ebbero una utilità sociale prima che religiosa, forse in pochi conoscono tale uso e l’impegno editoriale della rivista sta nel portare una comprensione ed una conoscenza di strutture in questo caso, le quali non solo sono un elemento presente da sempre nella nostra cultura, ma in un tempo non molto lontano erano un faro nel cammino buio di una strada.
