• 11 Luglio 2025
Cultura

Arriva sempre quel momento, nella vita di una coppia, in modo particolare quando ci si trova nell’età adulta e la relazione va avanti da un po’ in cui ci si pone la fatidica domanda: “perché non ci sposiamo?”. Attraverso il matrimonio riusciremo a soddisfare i nostri bisogni, saremo felici? La risposta dipende da cosa significhi per ogni persona realizzarsi e come viene impostata la relazione a due tra aspettative reciproche, ruoli, spazi, impegni e compiti quotidiani.

È una buona domanda, naturalmente, non c’è una risposta valida per tutti, in quanto ogni storia è diversa.

Per qualcuno essere sposati o non esserlo non cambia l’investimento affettivo ed emotivo della coppia; per altri le differenze ci sono a livello sociale e psicologico.

Con il matrimonio la coppia acquisisce uno status ufficiale che viene condiviso e riconosciuto dalla società. Attraverso il rito, che coincide o con la cerimonia civile o con la celebrazione in un luogo di culto, si corona l’unione dei fidanzati che vengono riconosciuti formalmente come coppia davanti alle famiglie, davanti alla collettività e, nel caso del rito di culto religioso, davanti ad proprio Dio.

A livello psichico, per molti, questa è una condizione molto rassicurante: il senso di appartenenza è un bisogno fondamentale nell’essere umano.

Inoltre, sposarsi è una manifestazione pubblica e sociale del legame tra i due: la celebrazione è un evento pubblico ed esistono vari segni, come la fede nuziale per esempio, che dichiarano pubblicamente tale status influenzando le interazioni sociali.

Collegate al matrimonio spesso ci sono due paure principali: la prima riguarda la “quotidianità” che viene percepita come noia, come se il matrimonio favorisse momenti di stasi senza entusiasmo e senza slancio.

La seconda è quella di scoprirsi ad un tratto diversi: crescere ognuno al suo ritmo e un giorno accorgersi che l’altro è cambiato.

Ma la quotidianità in due può anche essere fatta di questo e uno degli scopi ultimi della coppia forse è proprio quello di trovare un modo per superare questi ostacoli.

Oggi possiamo scegliere chi sposare, come, quando, diversamente dal passato.Ci sposiamo perché lo desideriamo, perché lo sentiamo e viviamo come coronamento di un percorso insieme o come punto di partenza per nuovi progetti, ma non è sempre stato così. In passato il matrimonio tutelava il patrimonio e assicurava la discendenza: ci si sposava per pressione familiare o sociale, raramente per scelta personale. I matrimoni erano combinati dalle famiglie e avvenivano per convenienza, vuol dire che qualcun altro sceglieva per noi l’uomo o la donna con cui avremmo passato il resto della nostra vita.

Il matrimonio, oggi, si discosta significativamente dal modello tradizionale, riflettendo cambiamenti sociali, culturali e demografici. Si sposa più tardi, con un’età media più elevata per entrambi i coniugi, e cresce la preferenza per il rito civile rispetto a quello religioso. Inoltre, si assiste ad una maggiore accettazione di diverse forme di unione, come le unioni civili e i matrimoni tra persone dello stesso sesso, sottolineando un’evoluzione verso l’inclusività. 
Ogni scelta di coppia diversa dal matrimonio, se alla base c’è amore e condivisione, non preclude sentimenti e progetti grandi quanto quelli che si possono creare in un matrimonio, come quello della genitorialità o della generatività: ogni coppia, che sia convivente o sposata può generare “cose” al di là di un figlio, che nessun singolo può. Ci sono coppie che condividono ricche storie d’amore che però non possono sposarsi per i motivi più diversi spesso dettati dalla legge, e la loro unione non vale certo di meno.

Le due guerre mondiali che caratterizzano questo secolo cambiano notevolmente le tradizioni del matrimonio, e lo modernizzano. Ci si sposa sempre più per amore, e sempre meno per interesse, e le cerimonie, religiose e civili, diventano sempre più sobrie.

L’abito da sposa si accorcia, le sue forme si assottigliano e aumentano anche le scollature. Durante la Seconda guerra mondiale, alcune famiglie cominciano la consuetudine di noleggiarlo, prestarlo o tramandarlo da nonna a nipote. Dagli anni Sessanta in poi alcune tradizioni si perdono, ma mai del tutto. La sposa può decidere di indossare un abito non necessariamente bianco, con una vasta scelta di colori, forme, tessuti e stili differenti. Non ci si sposa quasi più in casa ma si sceglie un luogo, come un ristorante, una masseria, una villa in campagna o in città, che abbia delle caratteristiche particolari per vivere il giorno più bello della propria vita insieme a familiari e amici. Cruella de Vil ha scritto che il matrimonio ha distrutto più donne che la fame, la guerra e la catastrofi naturali. Una frase apparentemente cinica ma realistica, in quanto molte donne si rivedono in essa, certo  non è il matrimonio che causa sofferenze, quanto le dinamiche che attraverso esso si scatenano. Scelte non dette, silenzi ingoiati, rinunce, inganni, menzogne e purtroppo a volte anche violenze. Molte donne si fondono completamente nel marito fino a dissolversi completamente, adattandosi ai desideri e alle scelte del coniuge. La nostra cultura paradossalmente celebra ed innalza questi stati di martirio, facendoli passare come amore, ma l’amore che sminuisce, annienta e umilia non è amore. Il matrimonio, sia civile che religioso, ha come finalità principale la formazione di una famiglia e la sua protezione. In particolare, il matrimonio cristiano, oltre al consenso, alla capacità e alla forma, sottolinea la procreazione, l’educazione dei figli, la fedeltà e l’indissolubilità come elementi fondamentali. Ogni ostacolo e difficoltà può essere superato insieme purché ci sia rispetto e amore reciproco, laddove uno dei due coniugi per diversi motivazioni, a volte insormontabili, non riesce a raggiungere la propria serenità, come disse una volta durante un convengo un esponente ecclesiastico, é necessario ricorrere ad un allontanamento, in quanto il martirio dovrebbe essere una scelta e mai una imposizione.

Autore

Laureata in Giurisprudenza e pubblicista iscritta all’albo dei giornalisti. Ha lavorato presso casa editrice e collaborato in 4 testate giornalistiche sia nel Casertano che nel Beneventano. Proprietaria e direttrice responsabile della Testata giornalistica “Sannio Matese Magazine”, registrata presso il tribunale di Benevento, che ha come obiettivo informare, formare e valorizzare il territorio a cui è particolarmente legata del Sannio e del Matese. Presidente dell’Associazione Incanto, da lei stessa fondata, volta alla realizzazione di eventi culturali, sociali, editoriali, mirante principamente a collaborare con le scuole trattando temi socialmente delicati tramite la sensibilizzazione, attraverso il suo format da lei stesso idealizzato “Love Life”. Autrice di "Nuvole d'Estate" e coautrice di "Incantesimi e Magie dal Matese al Sannio"