• 19 Giugno 2025
Cultura

Lutero aveva dichiarato<<la stampa era l’ ultimo e più grande dono di Dio, poiché grazie ad essa il Signore aveva voluto far conoscere la causa della vera religione (…), e diffonderla in tutte le lingue>>.

Il rogo dei libri ,con i suoi connessi sistemi di controllo ,ha una lunga storia alle spalle e rappresenta la conseguenza del rapporto conflittuale tra poteri organizzati e voci percepite da quest’ ultimi come contrarie, dissidenti.

Tacito racconta che al tempo di Tiberio, Cremuzio Cordo fu accusato di un “novum ac tunc auditum crimen”, cioè di un delitto nuovo e inaudito, perché aveva espresso il rimpianto per le antiche virtù repubblicane e aveva definito Cassio come l’ultimo dei romani.

Lo scrittore cercò di difendere la sua libertà di parola, ma il Senato decise che i suoi libri fossero dati alle fiamme.

Un altro fuoco si ebbe quasi duemila anni dopo, il 10 maggio 1933, di fronte all’ Università di Berlino bruciarono le opere di liberali e democratici ,avvertite come dissidenti dal potere nazista.

Sono infinite le immagini del rogo dei libri che costellano la storia. Ad occuparsene fu proprio l’inquisizione, una rete di tribunali istituiti già nel Medioevo che raggiunsero l’acme della lotta eretica nel corso dell’ età moderna.

È bene partire dall’ etimologia della parola “inquisizione”; essa, infatti, deriva dal latino “inquisitio” nel significato di “ricerca, indagine”. Tale termine si trova scritto , per la prima volta, negli atti del Concilio di Tolosa del 1229. L’inquisizione- potente strumento di potere- ha rappresentato uno strumento di controllo certosino svolto dalle autorità ecclesiastiche su un determinato territorio, affinché non si divulgassero teorie, scritti, dottrine contrarie all’ortodossia cattolica, le famose eresie; cioè, essa aveva il compito di individuare gli “eretici” e riportarli alla “vera” fede.

Tant’è che il simbolo dell’ Inquisizione recava la frase “excurge domine et judica causam tuam psalm”.

Nel Medioevo per abbattere il movimento cataro che dilagava nella Francia meridionale e nell’Italia settentrionale e per controllare i movimenti pauperistici, si stabilì l’inquisizione medievale.

Nel 1252, attraverso la bolla “Ad extirpanda”, Innocenzo IV obbligò gli eretici a indicare altri eretici e formalizzò la tortura per essi. Giovanni XXII , invece,estese il controllo nella lotta alla stregoneria.

Dopo una dilagante diffusione dell’Inquisizione medievale, si affermò l’inquisizione spagnola istituita, su pressione dei sovrani di Ferdinando e Isabella, da Sisto IV nel 1478 estesa nel Regno di Sicilia- non nel Regno di Napoli – e nelle colonie dell’ America centro- meridionale. Nel 1536 in Brasile, Goa, India si estese l’inquisizione portoghese.

In seguito, accadde che ci si trovò di fronte a una diffusione della Riforma protestante, delle dottrine ereticali e, da parte della Chiesa, urgeva una riorganizzazione di un sistema di controllo che bloccasse tutto ciò.

Dunque, nel corso dell’ età moderna, tra il XVI e XVIII secolo, in Europa, si sviluppò un sistema di controllo capillare sulla circolazione e l’uso del libro.

Il libro a stampa era considerato un pericolo, la Chiesa di Roma organizzò un apparato di controllo.  Nell’ età del manoscritto problemi del genere non emersero perché il flusso era ristretto e roghi avevano un valore simbolico.

Tra Gutenberg e l’affissione delle 95 tesi di Lutero, la pericolosità del libro non tardò a manifestarsi. C’era chi ne avvertiva i rischi, chi l’utilità, chi nutriva preoccupazioni filologiche, mentre, i sovrani in alcuni paesi come la Spagna, sorvegliavano sull’attività editoriale, e la Chiesa emanava bolle affinché la diffusione delle idee fosse sorvegliata e non libera. Dal 1517 al 1530 gli scritti di Lutero ebbero enorme diffusione. La situazione muto’ nel 1542:  Paolo III emanò la bolla “Licet ab initio” e fu costituita la Congregazione Cardinalizia del Sant’Uffizio o dell’ Inquisizione romana, un tribunale che aveva dei propri rappresentanti in ogni diocesi.

Roma cercò, negli anni seguenti, di assumere il monopolio del controllo da parte delle autorità religiose: l’imprimatur era l’ autorizzazione ecclesiastica alla stampa.

Ma ciò si scontro’ con il desiderio dei principi di avere il monopolio del controllo: i conflitti tra sovrani e Chiesa furono frequenti fino al ‘700 e miravano a rivedere i confini di competenza.

In Francia si arrivò tardi alla costituzione di censure di stato a causa dei conflitti religiosi;  In Spagna, invece, un sistema di controllo fu presto elaborato e collaudato nella battaglia contro moriscon ed ebrei. Durante il regno di Filippo II, l’inquisizione assunse un ruolo importante – fu proibita anche l’importazione di libri stranieri.

Nel 1559 una bolla di Paolo IV obbligava tutti i confessori a porsi al servizio del Sant’ Uffizio nella battaglia contro la stampa eretica. Alla fine del 1500, nei cataloghi inquisitoriali, ci si trovavano: libri in volgare, produzione accademica, scientifica, devozione popolare. In Francia, in origine, era la monarchia a occuparsi dell’ attività editoriale. Fino al 1520 l’unica opera censurata fu l’Apologia di Pico della Mirandola. Nel complesso, fino alla morte di Enrico IV , il sistema di controllo non fu opprimente: la mancanza dell’ Inquisizione e degli indici romani fecero la differenza con le altre realtà cattoliche.

In Inghilterra era stato il vescovo di Londra ad imporre il divieto di importazione di libri dall’ estero e l’obbligo della licenza per i titoli nuovi.

Dopo l’atto di supremazia di Enrico VIII il controllo fu sottratto alla Chiesa anglicana e affidato al Consiglio della Corona. Nel 1557 Maria Tudor concesse di poter eseguire la stampa alla corporazione dei librai londinesi -Stationers’ Company- legame che rimase anche sotto il regno di Elisabetta.

La situazione italiana, invece, è condizionata dalla frammentazione politica e dalla capacità di vigilanza della Sede Apostolica.

La Sicilia e la Sardegna erano sotto l’inquisizione spagnola; mentre, il regno di Napoli e il Ducato di Milano erano sotto l’inquisizione romana.

Nel Regno di Napoli l’autorità ecclesiastica assunse il controllo dell’ attività editoriale; a Modena era necessaria l’autorizzazione del duca , ma i censori ducali apponevano un “vidit” ad opere che già avevano ricevuto l’imprimatur da parte dell’ inquisitore.

I libri considerati dannosi per i cristiani dovevano essere eliminati; è il caso del “De trinitatis erroribus” di Serveto, il Talmud , il Corano. A cadere sotto l’attenzione dei censori fu la cultura religiosa in particolare la Bibbia in volgare che finì con l’essere proibita. Gli italiani fino al 1758 persero il contatto con la Bibbia “con incalcolabili conseguenze – come sottolinea Gigliola Fragnito- sulla cultura, religiosità, mentalità”. Ma, poi, finì sotto il vaglio dei censori anche la letteratura volgare: opere di Niccolò Machiavelli, il Decameron di Boccaccio , etc… .

Nel XVI secolo si verificò un aumento della produzione editoriale; i censori avvertirono il bisogno di strumenti bibliografici; dunque, in tale contesto nacquero gli indici dei libri proibiti.

Nel 1559 uscì l’Indice Paolino, promulgato da papa Paolo IV; nel 1564 fu promulgato l’Indice tridentino e nel 1596 uscì l’Indice clementino.

Emblematiche furono le vicende del grande filosofo Giordano Bruno , morto sul Rogo in Campo dei fiori a Roma nel 1600, e di Galileo Galilei che dovette abiurare le sue convinzioni riguardo alla concezione copernicana dell’ universo.

In seguito, a prevalere fu la censura di Stato e la libertà di stampa e la libertà di pubblicazione furono proclamate a Parigi con la Dichiarazione dei diritti dell’ uomo e del cittadino, il 26 Agosto 1789.

Gli Inquisitori, inoltre, nel tempo riuscirono a mantenere il controllo anche attraverso la confessione, durante la quale si invitava a denunciare la provenienza dei libri; infatti, molti processi inquisitoriali nacquero da autodenunce.

L’inquisizione, dunque, fu un’ istituzione tipicamente italiana e la condanna a morte colpiva gli eretici impenitenti, che non negavano le dottrine per le quali erano inquisiti, o i relapsi, cioè coloro che dopo l’abiura ricadevano nell’ errore. Tra gli eretici italiani è da ricordare Bernardino Ochino che fuggì dall’ Italia, si scontrò con l’ortodossia delle Chiese riformate elvetiche, lasciò Zurigo, si rifugiò in Polonia e poi in Moldavia.

Dal 1580, estirpata l’eresia dalla penisola, l’inquisizione rivolse la sua attenzione alla lotta contro la stregoneria, durante la quale si trovò di fronte al persistere di credenze superstiziose e magiche nella religione delle masse rurali.

Di gran lunga interessante conoscere tutto ciò, per comprendere le diverse sfaccettature del passato; la storia è uno strumento importante perché ci consente di conoscere e di riflettere sulle analogie e differenze tra ieri ed oggi.

Autore

Originaria di San Salvatore Telesino,laureanda in Lettere e Filosofia presso l'Università di Napoli, Federico II, sin dall'adolescenza si è dimostrata attenta alle tematiche sociali e di attualità. Ha collaborato , per alcuni anni, con il gruppo "Spazio Giovani". Inizia a suonare il pianoforte durante l'infanzia, in seguito, decide di interrompere questo percorso per cimentarsi in altre passioni, come la scrittura. Nel 2021 scrive il romanzo introspettivo intitolato "Scaffali di ricordi", pubblicato nel 2022 dalla casa editrice 2000diciassette. Ha partecipato a diverse presentazioni di libri-soprattutto romanzi- in qualità di relatrice. Si dimostra, inoltre, particolarmente interessata alla Letteratura Italiana novecentesca e ai fatti culturali della sua località d'origine: a ciò dedica alcuni articoli di stampo culturale. Collabora, infatti,con più testate giornalistiche. È impegnata, attualmente, nella stesura di articoli culturali e di cronaca per svariate e note testate giornalistiche.