• 7 Novembre 2024
Editoriale

Hanno impugnato l’arma dei vili pur di battere il Rassemblement national. Oggi fa la sua apparizione, nel secondo turno delle elezioni francesi, la desistenza. Vale a dire il ritorno di chi non ce la può fare, ed è arrivato terzo domenica scorsa, tra i marconisti e la sinistra per convergere in un unico confuso assembramento allo scopo di sbarrare la strada a chi era ad un passo dalla vittoria, vale a dire Marine Le Pen. Duecentodiciotto canditati hanno rinunciato a presentarsi per far convogliare i loro voti su chi ha più speranze di vittoria. Macron, l’uomo dell’alta finanza, a braccetto con i paladini  di una sinistra sgangherata e contraddittoria, nella quale Jean-Luc Mélenchon destinato, con la sua France insumise un ruolo secondario impegnato com’è a tenere unita l’estrema sinistra.

Il Fronte repubblicano privo di un programma unitario,  i cui componenti si sino alleati per togliere alla maggioranza dei francesi quel che liberamente otto giorni fa avevano ottenuto, ma non per dare alla Francia un programma coerente do governo è unito (si fa per dire) solo per impedire la vittoria della Le Pen, per il resto è diviso su tutto.

Comunque si  fa oggettivamente  difficile il cammino verso la conquista della metà più uno dei seggi all’Assemblea nazionale per RN. E non è escluso che la sinistra coabiterà con i macronisti a Palazzo Matignon. Ma non è detta l’ultima parola. Molto dipenderà dall’affluenza al voto che premierà Marine Le Pen e dalla consapevolezza dei francesi che sono chiamati ad avallare una truffa politica.

I nemici che si mettono insieme, in nulla simili e che nulla condividono, perché le cose cambino, un comunista ed un esponente del grande capitale che dovrebbero governare un Paese come la Francia in piena decadenza, contro la volontà della più parte dei votanti, sono i fautori del caos ed il Paese non perdonerà questo affronto quando solo sette giorni fa la sua maggioranza si è espressa inequivocabilmente per il cambiamento.

Macron è l’espressione dei ceti forti, Mélenchon ed i suoi prossimi della sinistra estrema rappresentano  quelli deboli ululanti ogni sabato per le vie di Parigi contro lo stesso presidente. Come potranno governare insieme? L’odio è un sentimento formidabile e la sinistra e le oligarchie plutocratiche su di esso fanno affidamento per battere il RN e innescare l’ingovernabilità ammantata dalla necessità di fronteggiare gli “impresentabili” destristi.

Come potrà avallare Macron le politiche sociali del governo guidato da un comunista? E come potrà un comunista immaginare di rafforzare La politica  della Francia su tutti i fronti?

Su questi interrogativi si giocherà la partita di oggi. La Francia, se dovesse vincere l’accozzaglia dei perdenti di domenica scorsa, ne uscirebbe con la ossa rotte e nessuno in Europa avallerebbe, tranne gli sprovveduto socialisti caduti in miseria e una manciata di centristi che si rendono conto dell’ ignobile escamotage che umilia la democrazia e rivela le ambizioni di chi proprio non ce la fa a sopportare di perdere contro la nuova Francia di Bardella e dei ceti medi che sono stati vessati ed umiliati dalle politiche sociali macroniane.

Il presidente con il suo appello ai reprobi di una sinistra in disarmo, bisognosa di stampelle per potersi ancora reggere, ha dichiarato il proprio fallimento.

Ve lo ricordate il giovanotto di Amiens sette anni fa che prometteva di essere il presidente di tutti i francesi? E’ diventato, soggiornando all’Eliseo, un accattone politico che cerca l’aiuto per reggere ancora chissà fino a quando alla sinistra più spregevole d’Europa, a dei rottami dello stalinismo e degli incivili diritti  per i quali manifestano, non lontani molti di loro dai terroristi di Hamas e di altri “quadri” spettrali della rivoluzione mondiale.

Può la Francia essere governata da siffatta gentaglia che pur di disattendere le aspettative popolari mette in piedi, grazie a quel genio di Macron, un caravanserraglio inguardabile?

O il cambiamento o il caos. Oggi non c’è via d’uscita. La gente lo ha capito e la Le Pen si giocherà l’ultima carta a disposizione. Se fino a qualche giorno fa puntava a raggiungere la cifra “magica” di 289 seggi, ora, nelle mutate condizioni, si accontenterebbe di 270 scranni: i venti che mancano li raccoglierà all’interno dell’Assemblea nazionale tra coloro che disprezzato il grande inganno e farro così sentire che contano più della miserabile desistenza contro l’esproprio della democrazia. Macron non ha ancora vinto. Se il suo piano diabolico dovesse fallire, mostrando un po’ di dignità dovrebbe soltanto dimettersi. E’ quello che si augura la Francia del cambiamento. La Francia che immagina che altri soli  possano splendere sui suoi destini dopo la bufere degli ultimi sette anni.

Autore

Giornalista, saggista e poeta. Ha diretto i quotidiani “Secolo d’Italia” e “L’Indipendente”. Ha pubblicato circa trenta volumi e migliaia di articoli. Ha collaborato con oltre settanta testate giornalistiche. Ha fondato e diretto la rivista di cultura politica “Percorsi”. Ha ottenuto diversi premi per la sua attività culturale. Per tre legislature è stato deputato al Parlamento, presidente del Comitato per i diritti umani e per oltre dieci anni ha fatto parte di organizzazioni parlamentari internazionali, tra le quali il Consiglio d’Europa e l’Assemblea parlamentare per l’Unione del Mediterraneo della quale ha presieduto la Commissione cultura. È stato membro del Consiglio d’amministrazione della Rai. Attualmente scrive per giornali, riviste e siti on line.