• 3 Dicembre 2024
Itinerari

Mentre il blocco del corridoio di Lachin da parte degli azeri ha superato il traguardo simbolico dei 100 giorni, in Nagorno Karabakh e nell’intera regione continuano a registrarsi segnali di crescente tensione. Se la vera e propria crisi umanitaria che si vive nella piccola repubblica di Artsakh a causa del blocco azero è cosa nota, meno evidente è il tintinnar di sciabole che si sente con sempre maggior forza e frequenza. Ma andiamo con ordine.

Approfittando della guerra in Ucraina – che costringe Mosca a concentrare la propria attenzione su altro scacchiere e a non irritare la Turchia, sponsor dell’Azerbaigian – Baku ha pensato bene di stringere la morsa sul Nagorno Karabakh, con la non nascosta speranza di portare a compimento la “riconquista” avviata con la guerra dell’autunno 2020.

Al blocco del corridoio di Lachin si sono aggiunte le interruzioni a singhiozzo delle forniture di gas – nel pieno dell’inverno! – e, con crescente frequenza, avvicinamento di truppe al confine, sconfinamenti di piccoli reparti in territorio armeno, colpi isolati contro civili e militari. Negli ultimi giorni tutto ciò non interessa solo il Nagorno Karabakh, ma anche il confine con la Repubblica di Armenia, confine riconosciuto a livello internazionale. Oggi, ad esempio, un militare armeno è stato ucciso da colpi sparati da territorio azero lungo il confine con l’enclave azera del Nakhichevan.

La situazione è tale che molti temono un attacco su vasta scala non solo in Nagorno Karabakh, ma contro la stessa Armenia. Attacco contro cui i circa mille soldati russi schierati a vigilare sull’armistizio del novembre 2020 nulla potrebbero. Ed è proprio su questo che conta Baku per chiudere la partita.

Ma lo scenario è ben più complesso. L’Iran, infatti, si sente minacciato, anche in forza degli stretti legami che Baku intrattiene con Tel Aviv, e ha da tempo rafforzato il suo dispositivo militare al confine con Armenia ed Azerbaigian. La propaganda di Teheran usa toni sempre più bellicosi verso Baku, un’azione armata azera potrebbe portare a una risposta iraniana.

E l’Armenia? Vaso di coccio fra vasi di ferro, Erevan cerca di barcamenarsi al meglio. Non sentendosi confortata dalla vecchia alleanza con Mosca, Erevan cerca sponde in Occidente, tuttavia con magri risultati. Gli Stati Uniti gradiscono l’allontanamento tra Armenia e Russia, ma non sembrano intenzionati a rompere con l’Azerbaigian e, di conseguenza, ad inasprire il già complesso rapporto con la Turchia.

Quanto agli europei c’è poco da dire, la dipendenza dal gas azero – aumentata dopo la chiusura dei rubinetti russi – di fatto costringe il Vecchio Continente a far buon viso a cattivo gioco e a “dimenticare” quei principi di cui pure ama ergersi a paladino.