• 9 Ottobre 2024
La mente, il corpo

Filosofi e studiosi ci ricordano che stare bene con gli altri richiede di avere un buon rapporto con sé stessi. Potersi amare senza condizionamenti sociali e personali. Essere gli sceneggiatori della nostra vita in modo consapevole e competenti. Perché diciamocela tutta! Noi passiamo quasi tutto il tempo della nostra vita a cambiare quelle parti di noi che non sono modificabili, a soffermarci sui nostri punti deboli, a costruire un recinto dove rinchiuderci, a colpevolizzarci, a svalutarci. Dimenticandoci delle potenzialità, delle opportunità e delle flessibilità che potrebbero favorire la nostra vita.

Questo richiede di essere empowered, ossia responsabili in prima persona, critici nei confronti dei miti personali e familiari. Mentre siamo disempowered quando non possiamo affrontare le sfide della quotidianità, non siamo capaci di vedere un futuro migliore, sopravviviamo davanti ad un amore finito, alla morte di una persona significativa, ad un trauma, ad una malattia, alla perdita di un lavoro.

Siamo disempowered quando non abbiamo alcun tipo di potere e non riusciamo a cambiare le cose. Nell’interpretazione della propria e altrui vita, commettiamo degli errori, perché pensiamo che quello che accade in una storia ad un’altra persona possa accadere anche a noi.

Massimo Bruscaglioni sostiene che una persona empowered si caratterizza per la voglia di sentirsi protagonista della propria vita, di trovare piacere anche sul lavoro come parte integrante della vita, di essere vitale e desiderante e non solo bisognosa, di avere più possibilità dentro di sé per poter scegliere e sentirsi responsabile, di capire, orientarsi e agire in questo mondo così mutevole.  Alla base queste persone hanno una predisposizione psicologica che riguarda la personalità, ma anche il contesto sociale in cui si vive e anche il tipo di relazioni esperite, la percezione che si ha delle proprie competenze operative, le convinzioni sulle proprie capacità, l’autoefficacia percepita.

Nelle persone empowered c’è la prevalenza di desideri più che di bisogni. Il desiderio responsabilizza, è una scelta personale ed è innovativo, mentre il bisogno rimanda ad una mancanza, ad un obbligo. La persona empowered si interessa di politica, si attiva per cambiare quello che non va nei contesti in cui vive. E’ consapevole che i fattori sociopolitici incidono sulla propria esistenza, è informata sugli avvenimenti politici locali, nazionali e internazionali, e si attivano con altre persone per partecipare a iniziative che possano incidere sui processi politici. Raggiunge obiettivi che stanno a cuore, si prende cura dei luoghi in cui si lavora e si vive. Riconosce i punti di forza e/o di debolezza e partecipa al cambiamento.

La persona empowered rivede il proprio passato senza lamentarsi di qualsiasi cosa, assumendo l’idea che abbia fatto il meglio che si poteva, provando gratitudine e perdonandosi degli errori. Vive il presente pensando che non sia né la ripetizione del passato né uno schema per la vita futura. Si sofferma sui ricordi positivi. Ricorda solo le cose importanti, liberando la mente da cose ingombranti. Essere empowered indica di mantenersi in buona salute, di essere persona che legge, di partecipare ai concerti, di recarsi al teatro, di mantenere un benessere cognitivo e psicologico, di vivere in un ambiente stimolante socialmente e intellettualmente, fare attività fisica, meglio se i pesi, che aumentano la vitalità delle connessioni sinaptiche del cervello, preposte alla memoria. Sorridere e fare umorismo è empowered.

E tu sei empowered o disempowered?

Autore

Psicologa clinica della persona dell'organizzazione e della comunità Psicogeriatra e docente dello stesso Master - La Sapienza. Coach cognitivo Criminologa minorile Dipendente Regione Lazio