Chissà se il ministro della difesa Guido Crosetto si è finalmente reso conto del ginepraio in cui si è cacciato col caso Vannacci.
Crosetto, ansioso di piacere alla gente che piace e di apparire politicamente corretto, aveva contribuito non poco ad amplificare la vicenda, originariamente sollevata da Repubblica, con una serie di maldestre dichiarazioni e alcune discutibili decisioni.
“Farneticazioni personali di un Generale in servizio […] che screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione”, aveva subito a proclamato quando il caso, alimentato ed amplificato dalla grancassa della sinistra mediatica, era scoppiato affrettandosi a rimuovere il generale dal suo comando e a sottoporlo a procedimento disciplinare.
Salvo poi frenare – “Non esistono processi sommari fatti su social o media ma solo leggi e codice dell’ordinamento militare” – senza però evitare di disquisire in una trasmissione televisiva, In 1/2 ora condotta da Monica Maggioni, di fatti e questioni che sarebbe stato meglio lasciare all’interno del ministero.
Ora, a pochi mesi di distanza, il generale Vannacci viene inevitabilmente reintegrato con l’assegnazione di un nuovo ruolo, Capo di Stato Maggiore del Comando delle Forze Terrestri, adeguato a “grado, esperienza e diritto”, come recita il comunicato stampa del ministro, costretto a prendere atto che “leggi e codice dell’ordinamento militare” da lui stesso invocati non gli lasciano altra scelta.
Evidentemente qualcuno deve avere finalmente capito che ai sensi del Codice dell’Ordinamento Militare (art. 1472) la decisione di rimuovere il generale dal comando per avere espresso, da privato cittadino, opinioni non condivise dal ministro era ingiustificata e non poteva essere sostenuta ulteriormente senza provocare un contezioso dal quale l’amministrazione, stante la inequivocabile posizione della giurisprudenza amministrativa, sarebbe uscita con le ossa rotte.
Sorte non migliore potrebbe avere il procedimento disciplinare che non a caso, sempre secondo il comunicato ufficiale, risulta “ancora in via di valutazione” senza ulteriori particolari.
La notizia del reintegro in servizio di Vannacci ha inevitabilmente scatenato una nuova gazzarra: i fanatici benpensanti della sinistra, che pretendevano un trattamento alla Dreyfus, l’hanno percepito come una “promozione” e quindi un affronto del quale chiedere conto al ministro: “Crosetto chiarisca come è stato possibile promuovere al vertice dell’Esercito un generale che fa politica e esalta discriminazione e odio come valori. #Vannacci, come Capo di Stato Maggiore, è un pericolo per la Costituzione” sbraita il PD con la bava alla bocca senza nemmeno rendersi conto di dire una cretinata, visto che Vannacci non è stato né promosso di grado né nominato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.
Non è migliore la reazione dei giornalisti fiancheggiatori, ad esempio, ex multis, Carlo Verdelli secondo il quale “l’avevano sospeso per il suo pensiero rude su froci, negri, animalisti. Devono averci ripensato. #Vannacci reintegrato e promosso: generalissimo. Il mondo al contrario va raddrizzato. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (art. 3)”. Sostituire “hanno” con “avevano”.
Citando beffardamente l’art. 3 della Costituzione ma dimenticando bellamente l’art. 21 del quale l’art. 1472 del COM è applicazione diretta.
Come nella favola dell’apprendista stregone il mal riposto zelo politicamente corretto di Guido Crosetto – che avrebbe fatto meglio a seguire il consiglio del manzoniano Conte Zio: sopire e troncare, troncare e sopire – gli si è rivoltato contro costringendolo a giustificarsi proprio di fronte a quelli che aveva cercato di compiacere.
Il ministro ha così dovuto spiegare, con toni piuttosto stizziti, che non si tratta affatto di una promozione ma di un atto dovuto, che Vannacci non comanderà niente perché sarà agli ordini di un altro generale a lui superiore e che “nessuno può emettere giudizi sommari, sostituendosi alle norme e alle procedure previste a tutela di uno Stato di diritto che, in una democrazia, riguarda tutti”.
Constatazione alquanto ovvia e banale che, se fosse stata fatta all’inizio di questa vicenda, avrebbe evitato i problemi presenti e anche quelli futuri: le intenzioni di Vannacci non sono ancora chiare, ma non è da escludere una sua discesa in politica, forte di un largo consenso misurato anche dal successo del suo libro (250.000 copie vendute), dove sarebbe facile per lui presentarsi come alfiere della “vera” destra vittima delle ambigue posizioni del governo e del ministro.
Il PD parla di mondo al contrario e almeno su questo in fondo ha ragione: è certamente un mondo al contrario quello in cui il ministro di un governo di “destra” disapprova e cerca di reprimere platealmente opinioni condivise dalla maggioranza i suoi elettori per sostenere quelle dei partiti avversari e dei loro fiancheggiatori mediatici e intellettuali.