• 3 Dicembre 2024
La mente, il corpo

Nel pensare alle tante violenze di genere, non si può non ricordare le spose bambine, fenomeno definito child brides; questo è una delle tante forme che la violenza di genere può assumere, in un quadro giuridico nazionale ed internazionale.  Generalmente sono bambine appena adolescenti, che vengono strappate alla loro infanzia, per essere catapultate in una realtà fatta di responsabilità verso il marito, i figli, e verso i lavori domestici. Non possono difendere i loro interessi. Non possono scegliere.

Il fenomeno è molto diffuso nei paesi più poveri del pianeta, ma si è propagato anche in Occidente, sebbene ci sia la difficoltà di reperire i dati a causa della diffusione in clandestinità.  Il matrimonio infantile è una violazione dei diritti umani, con conseguenze psicologiche, fisiche e affettive. Priva le bambine della loro infanzia e adolescenza, e dell’ambiente protettivo della famiglia di origine; ha ripercussioni sull’istruzione; limita il miglioramento occupazionale e delle opportunità lavorative, e di uno sviluppo e di un riscatto sociale; sono più soggette a violenze, abusi, sfruttamento; le gravidanze costituiscono un grave rischio per la loro salute, i loro corpi non sono fisicamente pronti a partorire: hanno il bacino piccolo con rischio di lacerazione da parto, dolore intenso, sanguinamento eccessivo, difficoltà ad urinare, infezioni e infertilità; problemi psicologici; diminuzione del piacere sessuale; complicazioni durante il parto con rischio elevato  di decessi neonatali.

La situazione peggiora nel caso abbiano subito mutilazione genitale. Se ne deduce che i matrimoni precoci contravvengano ai principi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la quale sancisce il diritto, per ogni essere umano sotto i 18 anni, ad esprimere liberamente la propria opinione (art. 12) e il diritto a essere protetti da violenze e sfruttamento (art. 19), e alle disposizioni di altri importanti strumenti del diritto internazionale. In molti Paesi poveri non è riconosciuta un’età minima per contrarre il matrimonio, altri Paesi occidentali sottostimano il fenomeno, la Germania, la Danimarca, la Svezia e l’Olanda vietano il matrimonio prima dei diciotto anni; in Italia l’età minima per sposarsi è diciotto anni, ma con una autorizzazione del Tribunale dei minori che riconosca validi motivi o accerti una maturità psicofisica dei contraenti, è possibile sposarsi dal compimento del sedicesimo anno.

Il fenomeno in Italia riguarda le immigrate di seconda generazione di età tra i dieci e i diciassette o bambine rom. Vengono promesse in spose a uomini più grandi di età, viene liquidato alla famiglia un compenso o in unica soluzione o come vitalizio. La promessa viene fatta in Italia, mentre il rito del matrimonio viene celebrato nel Paese di origine, perché vietato dal nostro ordinamento. Il numero dei matrimoni precoci all’interno dei confini europei è aumentato notevolmente, e gli Stati sono stati costretti a rivedere le loro legislazioni e a prendere posizione in merito. Gli stati occidentali se riconoscono queste unioni, acconsentono alle violazioni dei diritti umani agite nei confronti delle bambine spose, se le separano dai loro mariti, violerebbero altri diritti come per esempio il diritto al rispetto della vita familiare.

Le motivazioni che alimentano questi matrimoni precoci, sono determinati principalmente dalla povertà, dalla difesa dell’onore familiare, dalla sopravvivenza nelle comunità durante conflitti, crisi economiche, disastri, da una strategia per proteggere le giovani dalle violenze e dagli abusi, (il matrimonio preserva l’onore), e dall’insicurezza economica. Il matrimonio precoce diventa un modo per mantenere un legame con la cultura del proprio paese di origine, atto di solidarietà nei confronti della comunità di origine, e infine per proteggere i giovani da stili di vita più aperti. Le azioni per contrastare questa pratica dannosa sono previste nell’Agenda 2030 obiettivo 5.3 per lo sviluppo sostenibile.

Autore

Psicologa clinica della persona dell'organizzazione e della comunità Psicogeriatra e docente dello stesso Master - La Sapienza. Coach cognitivo Criminologa minorile Dipendente Regione Lazio
La mente, il corpo

Nel pensare alle tante violenze di genere, non si può non ricordare le spose bambine, fenomeno definito child brides; questo è una delle tante forme che la violenza di genere può assumere, in un quadro giuridico nazionale ed internazionale.  Generalmente sono bambine appena adolescenti, che vengono strappate alla loro infanzia, per essere catapultate in una realtà fatta di responsabilità verso il marito, i figli, e verso i lavori domestici. Non possono difendere i loro interessi. Non possono scegliere.

Il fenomeno è molto diffuso nei paesi più poveri del pianeta, ma si è propagato anche in Occidente, sebbene ci sia la difficoltà di reperire i dati a causa della diffusione in clandestinità.  Il matrimonio infantile è una violazione dei diritti umani, con conseguenze psicologiche, fisiche e affettive. Priva le bambine della loro infanzia e adolescenza, e dell’ambiente protettivo della famiglia di origine; ha ripercussioni sull’istruzione; limita il miglioramento occupazionale e delle opportunità lavorative, e di uno sviluppo e di un riscatto sociale; sono più soggette a violenze, abusi, sfruttamento; le gravidanze costituiscono un grave rischio per la loro salute, i loro corpi non sono fisicamente pronti a partorire: hanno il bacino piccolo con rischio di lacerazione da parto, dolore intenso, sanguinamento eccessivo, difficoltà ad urinare, infezioni e infertilità; problemi psicologici; diminuzione del piacere sessuale; complicazioni durante il parto con rischio elevato  di decessi neonatali.

La situazione peggiora nel caso abbiano subito mutilazione genitale. Se ne deduce che i matrimoni precoci contravvengano ai principi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la quale sancisce il diritto, per ogni essere umano sotto i 18 anni, ad esprimere liberamente la propria opinione (art. 12) e il diritto a essere protetti da violenze e sfruttamento (art. 19), e alle disposizioni di altri importanti strumenti del diritto internazionale. In molti Paesi poveri non è riconosciuta un’età minima per contrarre il matrimonio, altri Paesi occidentali sottostimano il fenomeno, la Germania, la Danimarca, la Svezia e l’Olanda vietano il matrimonio prima dei diciotto anni; in Italia l’età minima per sposarsi è diciotto anni, ma con una autorizzazione del Tribunale dei minori che riconosca validi motivi o accerti una maturità psicofisica dei contraenti, è possibile sposarsi dal compimento del sedicesimo anno.

Il fenomeno in Italia riguarda le immigrate di seconda generazione di età tra i dieci e i diciassette o bambine rom. Vengono promesse in spose a uomini più grandi di età, viene liquidato alla famiglia un compenso o in unica soluzione o come vitalizio. La promessa viene fatta in Italia, mentre il rito del matrimonio viene celebrato nel Paese di origine, perché vietato dal nostro ordinamento. Il numero dei matrimoni precoci all’interno dei confini europei è aumentato notevolmente, e gli Stati sono stati costretti a rivedere le loro legislazioni e a prendere posizione in merito. Gli stati occidentali se riconoscono queste unioni, acconsentono alle violazioni dei diritti umani agite nei confronti delle bambine spose, se le separano dai loro mariti, violerebbero altri diritti come per esempio il diritto al rispetto della vita familiare.

Le motivazioni che alimentano questi matrimoni precoci, sono determinati principalmente dalla povertà, dalla difesa dell’onore familiare, dalla sopravvivenza nelle comunità durante conflitti, crisi economiche, disastri, da una strategia per proteggere le giovani dalle violenze e dagli abusi, (il matrimonio preserva l’onore), e dall’insicurezza economica. Il matrimonio precoce diventa un modo per mantenere un legame con la cultura del proprio paese di origine, atto di solidarietà nei confronti della comunità di origine, e infine per proteggere i giovani da stili di vita più aperti. Le azioni per contrastare questa pratica dannosa sono previste nell’Agenda 2030 obiettivo 5.3 per lo sviluppo sostenibile.

Autore

Psicologa clinica della persona dell'organizzazione e della comunità Psicogeriatra e docente dello stesso Master - La Sapienza. Coach cognitivo Criminologa minorile Dipendente Regione Lazio