• 3 Dicembre 2024

Da molti anni analizzo i gruppi di ragazzi di strada e ne osservo il loro modo di vivere a volte incosciente e scellerato. “Alcuni” e “a volte” sono parole ricorrenti, per fortuna, ma hanno un significato ben preciso. E mentre di quegli “alcuni” ne ho visti scomparire in molti in un passaggio dalla strada alle sbarre, è accaduto che in un pomeriggio di apparente divertimento, li ho ritrovati tutti nel perimetro di uno stadio affollato per una partita internazionale, ma per un motivo ben preciso.

Non ho potuto fare a meno di classificare i buoni e i cattivi, quelli del senso comune; dal mio punto di vista i cattivi sono ragazzi orfani di esperienze di vita costruttive, i miei “alcuni”, quelli inghiottiti dal sistema che, oltre la punizione, dovrebbe riparare, colmare i loro vuoti di vita. La difficoltà nel discernere chi è buono e chi è cattivo si acuisce quando li vedi tutti insieme a fare il tifo per la squadra o, da giocatori, a difendere l’onore del gruppo che sfida gli avversari. Sono tutti giovani uomini e ognuno di loro merita ogni urlo di approvazione dei tifosi. Eppure l’apparenza annebbia non solo la vista. I suoni che ti assordano, l’odore pungente del sudore, i tatuaggi lucidi, gli occhi pieni di forza, i riti prima della gara che significano accoglienza e sfida, confondono non poco, in un susseguirsi di emozioni e di pensieri.

E poi li vedi correre, spintonarsi, lanciarsi nel fango per inseguire una palla che ha la forma di un occhio, quasi a voler simbolicamente dire che osserva ognuno di loro. Non avevo mai assistito a una partita di rugby, mi sono emozionata e poi meravigliata per quello che c’è dietro a questo sport e, soprattutto, capire il valore di alcune iniziative che sono state il motivo della mia presenza allo stadio. Fino a qualche minuto prima del fischio di inizio pensavo, con pregiudizio, che ci fosse solo violenza, sfogo fisico, ma non è così. Il rugby è formazione ed educazione al rispetto non solo dell’avversario, in una dinamica capace di aggregare per supportare, che segue dei riti ed esalta i valori in un ambiente che favorisce l’inserimento e la cultura. Sono queste, e non solo, le caratteristiche di uno sport che hanno creato il legame tra la Federazione Italiana Rugby e le Associazioni di determinati territori, e il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria che hanno dato vita a una encomiabile iniziativa che coinvolge la rieducazione negli istituti di pena attraverso il Rugby.

“Rugby oltre le sbarre” nasce con la firma di un protocollo d’intesa che prevede un programma strutturato con l’obiettivo di promuovere progetti rivolti all’inclusione sociale attraverso lo sport negli istituti di pena distribuiti sul territorio nazionale. All’iniziativa, che mira a migliorare le condizioni di vita dei detenuti attraverso l’attività sportiva, hanno aderito Associazioni Rugby di alcuni territori e si occupano di sottolineare l’importanza che questo sport ha per il benessere psico-fisico e di condivisione di valori, di inclusione all’interno di spazi in cui la diversità si evidenzia tra le diverse etnie e i rapporti tra gli operatori penitenziari e i detenuti. Il progetto prevede una serie di attività che permettono gli incontri tra le squadre e attività complementari tra cui la formazione degli arbitri federali, tirocini fuori dal carcere durante la detenzione e attività di supporto per la realizzazione degli eventi. A oggi sono numerose le Associazioni Rugby territoriali che vi hanno aderito, Torino, Milano, Monza, Bologna, Ferrara, Livorno, Caltanissetta, Roma e di recente anche a Vibo Valentia con l’Associazione Meta.

Sul  territorio laziale, per esempio,  il rugby è una tradizione consolidata, c’è anche un museo, e sarebbe una buona idea allargare l’iniziativa anche ad altre zone come il  Lazio che ha un considerevole numero di giocatori e tifosi ed è grazie a loro che da oggi non dimenticherò mai che una partita di rugby è un’emozione dal primo al “terzo tempo”, di cui ignoravo l’esistenza che è la parte più importante di una partita, quella che crea i legami e li consolida nel tempo e nello spazio.

E, dopo un pomeriggio diverso dal solito, si sono susseguiti i pensieri: lo stadio e le sue emozioni, la strada, il delinquere, l’incoscienza, il carcere, la consapevolezza di aver sprecato la propria vita, l’illuminazione che arriva con il rugby e la sua rieducazione ad amare la vita, ad amarsi prima di tutto, per essere capaci ad amare il prossimo.

Autore

Criminologa e scrittrice. Esperta di Street Gang (Diploma presso Gang Academy) e Crimemapping. Attualmente impegnata nell'analisi delle Street Gang americane e la loro influenza in Italia come fenomeno migratorio di importazione. In particolare Analisi di Intelligence e crimini legati alle bande giovanili e legami con Crimine Organizzato fino ai reati di Terrorismo legati all’ISIS. Tra le sue pubblicazioni: “Street Gang – Terre di Confine”; Journal of Biourbanism Forensic Architecture. (2011–2015). Guatemala: Operación Sofía; “La Bicicletta di Sam. Una storia siciliana di amore e di emigrazione”; “Gente di Passaggio” dal Brigantaggio alla criminalità organizzata pugliese; “Dal Pane e Pomodoro alla Zuppa di Pesce Ciambotto; video documento e saggio breve in Inglese “O briganti o Emigranti”; "Brigantaggio, Un viaggio Attraverso Il Presente", nel saggio di Vittorio Aimati , Il paese maledetto, ovvero Un Paese di delinquenti nati?; “Either Brigands or Emigrants” – Video e pubblicazione per il Queens College New York; testo per il teatro "Il Burattinaio della Luna”.