• 7 Novembre 2024
Itinerari

L’Arvento è un piccolo torrente stagionale ubicato alla frazione Calvisi del comune di Gioia Sannitica. Un tempo era perenne e nelle sue acque sorgive si potevano “pescare trote e qualche barbo” come indicava il Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli alla fine del XVIII secolo. Fino a 40 anni fa era possibile, incontrare granchi di acqua dolce, una specie particolare che oggi è individuabile solo nel corso alto del Titerno tra Cusano Mutri e Pietraroja nelle gole di Cacciavola.

Detto questo ci si potrebbe chiedere cosa sta a significare l’interesse per un piccolo, modesto torrente oggi stagionale. Ebbene il modesto torrente è legato alla storia del territorio, come il più famoso Rubicone di Giulio Cesare. In epoca Sannitica era il confine Occidentale tra le tribù federate dei Pentri e dei Caudini, sul suo corso con l’innesto al fiume Volturno di fatto si dividevano come ancora oggi i territori delle Valli Telesina e Alifana. Con l’istituzione delle colonie romane di Allifae e Telesia e dunque la costruzione delle due città gemelle, l’Arvento resta ancora una volta un confine. I confini delle due colonie sfruttavano i limiti naturali offerti dal corso del Volturno, da alcuni torrenti tra cui l’Arvento e dal blocco del Matese. A est il limes, il confine, percorreva il corso del torrente, che dalla base del monte Colle Curti Troiano alle spalle di Calvisi, scendeva verso valle attraversando la località Macchie, nei pressi di Auduni. Da qui, costeggiava ad est il gruppo collinare che determinava il salto di quota tra la piana alifana e quella telesina, fiancheggiando Colle Termine, attraversando la località Terminone e giungendo al Volturno presso Faicchio.

Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il territorio passa sotto il dominio dei Longobardi. Benevento diviene prima Ducato e Principato dopo, Alife e Telese sono Gastaldati, una circoscrizione amministrativa di fatto simile ad una provincia, ed ancora una volta il Torrente Arvento funge da confine. Con l’arrivo dei Normanni, la struttura amministrativa territoriale cambia. Ad Alife divengono Conti i Drengot, imparentati con i Drengot di Aversa, nel volgere di qualche decennio giunge alla ribalta della politica del tempo Rainulfo II Drengot, meglio conosciuto come Rainulfo di Alife. Egli espande i confini della iniziale piccola Contea di Alife fino a creare quello che sarà conosciuto come il Regno Normanno di Alife, e nella prima fase sarà sempre il torrente Arvento il confine. Alla massima espansione del Regno il nuovo confine sarà il Titerno il primo importante corso d’acqua che si incontra dopo il torrente Arvento. Di fatto Rainulfo diviene anche Conte di Telese e di Sant’Agata dei Goti (e di Troia in Puglia) inglobando una parte dell’area che fu della tribù Sannita dei Caudini, i suoi confini sono ora dettati da altri corsi d’acqua: il Volturno ad Occidente, il Titerno ed il Calore ad Oriente e dove non ci sono confini naturali saranno i castelli a designare il limes” .

Nel 1134 Ruggero II di Sicilia cognato di Rainulfo è ospite del convento di San Salvatore di Telese, e qui dona al monastero un territorio vasto 400 ettari, Carattano, il quale include anche il villaggio di Calvisi in un’area racchiusa tra il torrente Arvento, il torrente della Pincera sul confine con San Potito (torrente meglio conosciuto per quello di Ponte Storto) ed il corso finale (e trasversale)  del Fosso di Carattano che è il confine con il territorio di Alife. E’ per Rainulfo uno smacco di non poco conto da parte del cognato, poiché gli toglie una importante fetta di territorio che diviene un Feudo Ecclesiastico, ma i rapporti tra i due erano da tempo critici e tale azione non sorprende.

Dunque ancora una volta il torrente fa parte della storia, e diviene così particolare ed importante, che dopo la fine della casata Drengot, il ridimensionamento della Contea e le istituzioni nel tempo delle Università prima, delle Baronie dopo ed infine dei Comuni, l’Arvento resta un limes ecclesiastico ma soprattutto di Feudo Ecclesiastico così importante da condizionare per secoli, ed ancora oggi, una visione di autonomia e distacco delle popolazioni dei due villaggi che in tale feudo ricadevano, Carattano e Calvisi. Quando nel 1667 furono donate alla Chiesa del Carmelo a Calvisi i resti di San Liberato, il culto e la devozione riservato a questi era secondo solo a San Sisto ad Alife, e tale devozione andava ben oltre il territorio diocesano, tanto che alla festività (ricorrenza) della seconda Domenica di Maggio, giungevano, attraverso i sentieri montani, devoti da Cusano, Pietraroja, Cerreto, seguendo il cammino della transumanza che passava dalla grotta di San Michele a Curti. Questi giungevano in tarda mattinata al ponte dell’Arvento a Calvisi e qui si fermavano, dissetandosi alle acque sorgive. Attendevano l’arrivo dell’autorità ecclesiastica che gli permettesse di varcare il limes”, quel confine antico che definiva in quel momento il confine del Feudo Ecclesiastico e delle Diocesi di Alife e Telese.

Oggi scomparso definitivamente il Feudo Ecclesiastico, resta quel confine diocesano, quel confine è così antico da perdersi nella notte del tempo, quel ruscello oggi stagionale che per secoli se non millenni è stato fonte di sostentamento per animali e uomini, prima in un antico e preistorico peregrinare umano alla ricerca di prede, poi confine di tribù federate e colonie romane, di territori diocesani ed ecclesiastici, di lotte di potere e confine iniziale dello Stato Normanno di Rainulfo II Drengot. Infine quando ogni umana condizione cessa di esistere, o cambia, egli è  lì ancora una volta quale ultimo simbolico limes tra Diocesi.  

Autore

Figlio della migrazione italiana degli anni 60 del XX° secolo, nato in Gran Bretagna e tuttora cittadino britannico a voler ricordare il mio essere nato migrante ed ancora oggi migrante (Interno). Sono laureato in Lettere (Università di Roma “La Sapienza) ad indirizzo Archeologico-Preistorico per la precisione in Etnografia Preistorica dell’Africa, un Master di primo livello in “Interculturale per il Welfare, le migrazioni e la salute” ed uno di secondo livello in “Relazioni internazionali e studi strategici”. Sono Docente a contratto di Demoetnoantropologia presso l’Università di Parma e consulente per il Ministero della Cultura in ambito Demoetnoantropologico. Mi occupo di relazioni con le comunità di diversa cultura del territorio di Parma e Reggio Emilia scrivo di analisi geopolitiche e curo una rubrica (Mondo invisibile) sul disagio sociale. Nel tempo libero da decenni mi occupo di ricerca antropologica, archeologica e storica del territorio della mia terra, della terra delle mie radici, Gioia Sannitica. Collaboro con diverse realtà divulgative e scientifiche on line (archeomedia.net- paesenews.it-Geopolitica.info-lantidiplomatico.it) creo eventi culturali, cercando sempre di dare risalto alla mia terra non intesa solo come Gioia Sannitica ma di quella Media Valle del Volturno, che fu il Regno Normanno di Rainulfo II Drengot.