• 11 Luglio 2025

Cento anni fa, l’intellettuale tedesco, capofila del conservatorismo, Arthur Moeller van den Bruck si suicidava con un colpo di pistola alla tempia a Berlino il 30 maggio 1925, per cause misteriose. Era nato a Solingen il 23 aprile 1876. Aveva solo 49 anni e già era un personaggio conosciuto ed ammirato come studioso di storia dell’arte e profondo esegeta del movimento politico culturale del suo tempo.

La filosofia della storia fu il suo terreno di coltura  che dissodò con capacità esemplare conquistando i circoli della destra culturale tedesca. Dal 1904 al 1910 pubblicò l’opera enciclopedica Die Deutschen e nel 1914 si arruolò  come volontario nella Wehrmacht, combattendo in prima linea con onore. La sua fama presto attraversò i confini della Germania e, soprattutto in Italia, venne conosciuto negli ambienti artistici e letterari per la sua opera Die italienische Schönheit (La bellezza italiana) sull’arte del nostro Paese che conobbe girandolo in lungo ed in largo. Nel 1913,  quando l’opera venne pubblicata, si era già fatto un nome come traduttore. In particolare volse nella sua lingua tra il 1906 ed  1922 la prima traduzione in tedesco di tutte le opere Dostoevskij.

Nel 1916 scrisse il primo saggio nel quale tesseva l’apologia del  nazionalismo tedesco: Der preußische Stil (Lo stile prussiano). Ma la sua opera migliore e più nota venne pubblicata nel 1923: Das Dritte Reich (Il Terzo Reich) che nulla aveva a che fare con l’invenzione nazionalsocialista. In esso formulava una serrata critica al liberalismo che lo consacrò tra i capostipiti della Rivoluzione Conservatrice ed ispirò tale movimento di pensiero fino a diventarne un autore di riferimento per tutti coloro che avversavano la Repubblica di Weimar.

Das Dritte Reich  è  profondamente ispirata all’esempio del fascismo italiano per l’idea di “sottomissione del radicalismo economico mediante l’azione di un regime armato” e in essa l’autore  delinea la necessità per la Germania post-bellica di un “terzo Regno” inteso non solo in senso storico-politico come successore dell’Impero Tedesco, ma anche come sintesi di conservatorismo e socialismo.

Nonostante il proprio nazionalismo e l’ opposizione al marxismo,al liberalismo, al capitalismo e al parlamentarismo, Moeller van den Bruck fu un precoce e feroce critico di Adolf Hitler (del quale, al pari di Oswald Spengler) rifiutò la proposta di collaborare col suo movimento), incurante delle conseguenze quando arrivò ad accusarlo di “primitivismo proletario” e di incapacità di fornire una base intellettuale al suo nazionalsocialismo, nonostante l’influenza che l’opera ebbe sul futuro Führer e sul suo partito che si appropriarono di  molte tematiche dall’opera, stravolgendole ai loro fini. Prima di tutto quello, appunto, di Terzo Reich, pur prendendone gradualmente le distanze nel corso degli anni.

Alla viglia della pubblicazione dell’opera, van den Bruck inserì una prefazione in cui prendeva preventivamente le distanze da qualunque conseguenza politica l’opera potesse ingenerare: “Il Terzo Reich non è che un’idea filosofica e non per questo mondo, ma per il prossimo. La Germania potrebbe benissimo perire sognando il Terzo Reich”. Per perseguire questa idea filosofica, riteneva che la Germania avrebbe avuto bisogno di un superuomo del tipo descritto da Nietzsche, ma che questo individuo non potesse essere né  Hitler, né nessun altro contemporaneo.

Nello stesso periodo di elaborazione di Das Dritte Reich soffrì di sifilide nervosa che gli provocò frequenti periodi di incoscienza e paralisi, oltre a devastanti allucinazioni, il fatto venne aggravato ulteriormente dalla morte repentina di suo figlio Peter Wolfgang.

Friedrich Nietzsche, H.S. Chamberlain e Julius Langbehn esercitarono un’influenza decisiva sul suo pensiero.  Dopo la catastrofe del mondo guglielmino Moeller si avvicinò con maggiore decisione alla filosofia politica ed iniziò una lunga meditazione sui destini della Germania e dell’Europa. Oltre a  Das Dritte Reich, infatti, che, come detto, avrebbe influenzato numerosi intellettuali alla ricerca di un pensiero innovatore, ispirando soprattutto lo Juniklub che sarebbe poi diventato il famoso ed autorevole Herrenklub, sotto la sua direzione si pubblicarono le riviste rivoluzionario-conservatrici  “Das Gewissen” e “Der Ring”.

Ma furono soprattutto i giovani conservatori del gruppo Die Standarte, a cui apparteneva, tra gli altri, Ernst Jünger, a richiamarsi al mito agitato da Moeller, cioè di un nuovo impero.

La tesi centrale dei libri  che gli diede notorietà è che della crisi tedesca erano responsabili i partiti politici non in grado di offrire riposte a quella crisi esistenziale e culturale che avvolgeva la Germania. 

Di fronte ad essi lo studioso reclamava una “rivoluzione” dello spirito prima che della politica. Una rivoluzione che sarebbe ovviamente stata nazionale, solidarista, antiliberale. La reazione alla sovversione, sosteneva, non poteva bastare: era necessario “conservare” i valori tradizionali su cui fondare una nuova comunità di destino.

Moeller non fece in tempo a vedere che piega avrebbero preso gli avvenimenti per l’inspiegabile decisione di togliersi la vita.

Le Edizioni Settimo Sigillo hanno pubblicato la traduzione italiana della sua opera principale e la non meno importante silloge L’uomo politico. Leggendole si ha la possibilità di rendersi conto della caratura culturale di uno dei più influenti e dimenticati (nel dopoguerra) intellettuali europei.

Autore

Giornalista, saggista e poeta. Ha diretto i quotidiani “Secolo d’Italia” e “L’Indipendente”. Ha pubblicato circa trenta volumi e migliaia di articoli. Ha collaborato con oltre settanta testate giornalistiche. Ha fondato e diretto la rivista di cultura politica “Percorsi”. Ha ottenuto diversi premi per la sua attività culturale. Per tre legislature è stato deputato al Parlamento, presidente del Comitato per i diritti umani e per oltre dieci anni ha fatto parte di organizzazioni parlamentari internazionali, tra le quali il Consiglio d’Europa e l’Assemblea parlamentare per l’Unione del Mediterraneo della quale ha presieduto la Commissione cultura. È stato membro del Consiglio d’amministrazione della Rai. Attualmente scrive per giornali, riviste e siti on line.