• 27 Luglio 2024
Religione

In un mondo corrotto dal formalismo e dall’egoismo, in molti si convincono che per stare bene con se stessi e con gli altri sia necessario allontanare le persone emarginate e uniformarsi alla volontà della massa, per non restare soli, inconsapevoli di diventare cosi facendo, artefici della perdita della propria identità . Non tutti hanno la grazia di vivere una vita piena di amore e di sicurezza e, dinanzi al cinismo di alcune persone che pur professandosi cristiani tendono a voltare le spalle a chi è nel disagio, finiscono per fare sprofondare nella più cieca solitudine le personalità più fragili, inducendoli a compiere scelte dannose per se stessi in primis, quali la dipendenza a sostanze stupefacenti, nell’erronea convinzione di riuscire a creare un mondo immaginario senza più dolore, parallelo a quello reale. Esistono però ancora persone che fanno della propria vita un esempio concreto dell’Amore vero professato da Gesù attraverso il donarsi quotidianamente verso quelle persone “diverse” , costretti a vivere ai margini della società a causa dei diversi problemi quali tossicodipendenti, alcolisti, persone disagiate e bisognose di aiuto. Nel nostro territorio, sannita-matese, ce ne sono diverse, che hanno saputo mettere in pratica la parola del Vangelo nella vita di tutti i giorni; oggi vogliamo dedicarci a Nicola Lancellotta, fondatore della comunità “Galaad” (La carovana di mercanti veniva da Galaad e i cammelli erano carichi di balsamo e altre mercanzie destinate all’Egitto) presente nel Lazio, Molise e Abruzzo, che ci ha aperto le porte della sua comunità, insieme al responsabile Domenico Desiderio, concedendoci un’intervista esclusiva, che riportiamo qui di seguito.

Nicola: “La comunità è nata per caso dopo un’esperienza vissuta a Roma la sera dopo la preghiera avvicinandoci alle persone “disagiate” nella stazione Termini di Roma; il loro cercare aiuto e il loro disorientamento causato dall’assenza di punti di riferimento hanno fatto maturare nel tempo l’esigenza di contribuire ad aiutare chi tendeva la mano. “Fa Signore che ti riconosca nelle tue piaghe”; il vedere nel volto degli altri quello di Cristo è il primo dono del cristiano.

“All’interno della comunità i ragazzi vengono ascoltati, assistiti da un assistente sociale e da una psicologa-psicoterapeuta; diversi professori contribuiscono durante la settimana ad istruirli approfondendo determinati “settori”. La preghiera è il fulcro della comunità, essa si fonda sulla “cristoterapia”, ovvero l’incontro con Gesù che diventa per i ragazzi l’unico punto di orientamento imparando così ad esaminare le proprie fragilità nella consapevolezza che hanno un Padre Celeste misericordioso che tende loro la mano; amando se stessi riusciranno a superare i loro limiti e i loro errori, imparando ad amare gli altri. Importante è la figura di molti sacerdoti che li seguono anche nel loro percorso spirituale. Attraverso la comunità imparano ad usare le regole acquisendo con responsabilità e impegno, coerenza e costanza.

“Un punto importante per i ragazzi è imparare a perdonare se stessi rispettando gli altri ascoltando e chiedendo, per frenare impulsività e dominio di se. Alla fine del percorso nessuno di loro sarà lasciato, ognuno di loro sarà amato e seguito come in una vera famiglia, ovunque decidano di andare.”

Autore

Giurista e pubblicista. Ha lavorato presso casa editrice e collaborato in 4 testate giornalistiche sia nel Casertano che nel Beneventano; precedentemente titolare di un blog.