• 3 Dicembre 2024

Finalmente anche l’Italia ha il suo Pantheon di “esistenze estreme” raccolte in  un attraente libro di Marco Valle (Viaggiatori straordinari, Neri Pozza, pp. 308. 20 euro) che non è da meno, per profondità e completezza, rispetto alle analoghe biografie di viaggiatori pubblicate nel mondo anglosassone. I nomi di Livingstone, Stanley, Burton, Speke possono benissimo stare accanto agli animatori della “comunità avventurosa” italiana che Valle ha ricostruito, rintracciando tra il XVIII secolo ed i giorni nostri, le figure più significative (ma anche quelle che lo sono state di meno), degli esploratori che hanno issato nei cinque continenti il vessillo italiano rapportandosi con figure  analoghe, con popoli sperduti, con civiltà sepolte, con esperienze rare nelle terre più selvagge e sconosciute dove dagli usi ai costumi dalla religiosità alle tradizioni, dalle abitudini culinarie ai vestimenti se non bizzarri quanto meno eccentrici fanno del mondo un Pianeta di variegate ed innumerevoli modi di vivere accomunati dall’unica razza che può e deve essere riconosciuta: la razza umana.

E così Valle s’è imbarcato, con non meno spirito avventuroso, proprio della sua gente triestina, sulle tracce di Ippolito Desideri che s’è inerpicato sul Tibet scoprendone la profonda religiosità della sua gente; di Giacomo Beltrami scopritore appassionato e narratore affascinante delle sorgenti del Mississippi; di Orazio Antinori, Giacomo Doria, Giovanni Battista Belzoni,      Luigi Amedeo di Savoia, Umberto Nobile ed una legione di ardimentosi e colti viaggiatori nei cui poveri zaini portavano la loro cultura, la passione che li animava e qualche rudimentale strumento di difesa e di caccia oltre a quelli utili a rinvenire reperti in ogni ,  dalle miniere dell’America Latina alle città fantasma dell’Africa, dai depositi preziosi di gemme dell’Asia e del Medio Oriente, agli estremi limiti del mondo tra i ghiacci.

Valle li ricorda tutti: oltre quelli già menzionati non dimentica Odoardo Beccari nel Borneo, Giacomo Bova in Patagonia, Pietro Savorgnan di Brazzà nel Congo (a cui è ancora intitolata la Capitale di uno dei Paesi più controversi e violenti africani), Guglielmo Massaia e Vittorio Bottego in Abissinia dove l’Italia fu mallevadrice di civilizzazione e non come come britannici, olandesi, tedeschi e francesi, predatori  di ricchezze: si deve ad uno di questa “morale interiore” se il Corno d’Africa e la Libia con la loro presenza fecero un balzo in un futuro che fino a poco tempo prima non osavano neppure immaginare. E non si possono altresì dimenticare le gesta davvero non solo scientifiche, ma anche coraggiose sotto il profilo umano di Giovanni Miami navigatore sul Nilo, Giovan Battista Cerruti curioso quanto leggendario “scopritore” della Malesia. Nel  secolo passato Alberto de Agostini in Patagonia, Raimondo Franchetti in Dancalia, Ardito Desio nel Sahara e soprattutto, il più grande scopritore di antiche civiltà asiatiche e studioso tra i più notevoli del Novecento, conoscitore di circa quindi lingue e custode dei tesori tibetani in vista dell’attacco cinese alla nazione buddista, Giuseppe Tucci , tennero più alta che mai la nostra bandiera che oggi Samantha Cristoforetti sventola nello spazio, mentre l’Italia, dopo tanto guerreggiare diplomatico, è entrata nei progetti di esplorazione e di “colonizzazione” dell’Antartide dove si gioca una partita non di poco conto in relazione ai mutamenti climatici.

La saga delle storie, delle avventure e delle follie degli esploratori italiani è destinata a continuare. Magari sulle orme di Giuseppe Tucci cui si devono le scoperte di parte italiana più significative. Venne definito “esploratore del Duce”, ma Mussolini, dopo qualche riluttanza, comprese il progetto del giovane studioso protetto da Giovanni Gentile e sostanzialmente, anche se non formalmente in una prima fase, gli mise nelle mani l’Ismeo, L’Istituto di studi per il Medio ed Estremo Oriente. Egli si avvalse dell’appoggio del regime per le sue avventurose e spericolate penetrazioni negli ambienti più ostili dove, tuttavia, si guadagnò la stima di studiosi e governanti oltre che una fama internazionale che lo portò su diverse cattedre universitarie in Patria. Ebbe la forza e la capacità di “giocare” con la politica internazionale avendo come interlocutori poeti quali Rabindranath Tagore e sostenere l’ indipendentismo indiano a fronte della arroganza incontenibile dell’impero britannico. I suoi rapporti con Tarak Nath Das, Monindra Mohan Moulik, Chandra Bose il vero antagonista di Gandhi e Nehru, furono particolarmente fruttuosi diradando le preoccupazioni e  i “cattivi pensieri” di Mussolini.

Tucci fece politica con la cultura, la curiosità, lo  spirito di avventura fino ad immaginare un “Patto tripartito” con Giappone e Germania (ma senza Hitler che detestava) in questo legandosi d’amicizia e stima con il fondatore della geopolitica moderna Karl Haushofer. Progetto che, come sappiamo, abortì, ma non per questo privo ancora oggi di suggestioni culturali e politiche.

Il libro di Valle è una vera e propria miniera della nostra memoria storica. Per quanto, come l’autore dello splendido libro sostiene, che essa sia stata rimossa, in realtà continua a vivere nel significato stesso delle opere che ha portato alla luce e della connessione che ha istituito tra il nostro tempo e quelle dei secoli più vicini a noi. Attraverso gli occhi e la ricerca di Valle noi vediamo il mondo qual è “recuperando” quegli esploratori che con pochi mezzi e molto ardimento ci hanno raccontato il mondo qual esso è, realmente, sostanzialmente. E per di più hanno avuto il merito di battersi contro la modernità che ha preteso di cancellare ogni traccia del passato riportando in vita ciò che sembrava morto per sempre: essi hanno testimoniato l’esistenza di una vita poliforme e ricca, degna di uomini che hanno contribuito a smentire le teorie darwiniste e ad asseverare che l’intelligenza è un dono innato in continua crescita soprattutto quando essa s’incarna in uomini straordinari che negli infuocati deserti, nelle foreste impenetrabili, sulle vette più alte, tra i residui delle antiche e perfino ancestrali civiltà, hanno connesso le civiltà nell’auspicio della pace tra le genti

Autore

Giornalista, saggista e poeta. Ha diretto i quotidiani “Secolo d’Italia” e “L’Indipendente”. Ha pubblicato circa trenta volumi e migliaia di articoli. Ha collaborato con oltre settanta testate giornalistiche. Ha fondato e diretto la rivista di cultura politica “Percorsi”. Ha ottenuto diversi premi per la sua attività culturale. Per tre legislature è stato deputato al Parlamento, presidente del Comitato per i diritti umani e per oltre dieci anni ha fatto parte di organizzazioni parlamentari internazionali, tra le quali il Consiglio d’Europa e l’Assemblea parlamentare per l’Unione del Mediterraneo della quale ha presieduto la Commissione cultura. È stato membro del Consiglio d’amministrazione della Rai. Attualmente scrive per giornali, riviste e siti on line.