La democrazia moderna è una governance che si esplica, con l’ausilio dell’uomo civico contemporaneo, attraverso il sistema territoriale o paese di riferimento con la partecipazione dei cittadini, integrati socialmente nelle comunità che operano e contribuiscono alle decisioni politiche, convergendo all’amministrazione e al governo delle istituzioni di appartenenza con elezioni libere e regolari.
Tuttavia, la democrazia moderna presenta dei limiti, purché sia essa al contempo rappresentativa di una minoranza o di una maggioranza di governo così strutturato , ovvero, spesso i candidati eletti perdono il contatto diretto con gli elettori e non sono in grado di rappresentarli al meglio, e riuscire a proteggere le loro istanze e i loro precipui interessi sociopolitici o socioeconomici, ciò avviene a causa talvolta di leadership di parte distanti dall’elettorato ma calati in élite radicali, non performanti la realtà da rappresentare, sempre più sprezzanti delle reali esigenze sociali ed economiche da programmare e amministrare con dovizia di visione politica di governo.
Spesso queste élite vengono sottoposte all’influenza di gruppi di pressione a sfondo lobbystico con l’intento di manipolare i risultati di azioni pragmatiche di governo e al contempo influenzare le decisioni politiche e porle a loro vantaggio indipendentemente dalla volontà del loro elettorato democratico e dalla sostenibilità in ogni comparto socioeconomico.
Queste pressioni non sono mai solo univoche ma scatenate da altri fenomeni sociali, come il disinteresse totale della cittadinanza alla res pubblica e alle decisioni politiche, generate da forme di apatia fobiche o sprigionate da una vita lontana dagli interessi persistenti sui territori, e collegati ad una pressante offerta social che porta a distrarre l’individuo contemporaneo dalla realtà e dal suo benessere collettivo.
Il non partecipare alle elezioni e alla vita anche preelettorale, o alle problematiche e discussioni pubbliche denota un disinteresse atavico alla politica in ogni fascia di età scevri dalla consapevolezza che la politica è partecipazione e delegare agli altri la soluzione dei propri interessi sociali e comunitari sia a livello regionale, nazionale e sovranazionale crea un ulteriore distanza temporale per giungere alla soluzione degli stessi.
Inoltre, oggi si assiste anche ad una mancanza di disponibilità economica per partecipare oggettivamente alla vita politica, causata in primis dall’assenza di fondi ai partiti che ha implementato questo fenomeno, vincolando oggettivamente le disuguaglianze sociali ed economiche come non unici possibili limiti di accesso alla partecipazione democratica per alcuni individui o gruppi di riferimento, facendo sì che solo i ricchi possono accedere alla vita democratica di un paese, o di una nazione.
Tuttavia, le votazioni restano altresì, un limite di grossa portata e di mancanza di meritocrazia, perché al di là della propensione o attitudine alla vita sociale e pubblica, nei partecipanti, pochi, spesso non si riconoscono o non si individuano le conoscenze necessarie per risolvere alcuni problemi economici e politici, e così la numerologia elettorale assume il ruolo dominante, come logica vincente al posto della meritocrazia collettiva o individuale.
Orbene la professionalità amministrativa è molto improvvisata, fonte di una democrazia tolemaica e post-aristotelica, che favoriva l’agorà del momento e i suoi protagonisti a prescindere dalla loro formazione culturale e educazione scolastica o degli atenei di riferimento. E anche oggi i politici vengono dalle relative categorie sociali non certo da una formazione strutturale universitaria precipua che si ritiene assolutamente tecnica e poco politica.
Certamente oggi, però, la manipolazione dell’informazione è il limite maggiore alla democrazia di partecipazione, perché un’immagine ben precostituita ed elaborata negli anni o addirittura improvvisata, può a prescindere da ogni valore personale di riferimento influenzare l’opinione pubblica limitare al contempo la possibilità e la capacità dei cittadini di prendere decisioni scevre da condizionamenti e ben informate.
Siamo in una società globalizzata e i limiti della democrazia sono aderenti ad un mondo globalizzato, dove la perdita della sovranità, non per mancanza di cooperazione ma per vincoli elettivi, declina la sovranità degli Stati nazionali e si rende a livello sovranazionale più difficile la governance democratica, subordinata a diktat lobbystici e a valori globalistici. O addirittura ci si adegua alle poli- crisi geopolitiche, belliche, generanti una sistemica problematica energetica diseconomica e a sfondo finanziario.
Pertanto, le molteplici decisioni prese a livello sovranazionale europeo possono subire le stesse pressioni antidemocratiche che si subisce a livello nazionale e territoriale, forgiando la democrazia e destinandola solo ai portatori di interessi maggiori, e a chi realmente detentore di profitti può accedere alle elezioni definite democratiche ma che in realtà non lo sono. Scaturendo la democrazia moderna in una sorta di totalitarismo elettivo dove i potenti decidono per i molti, senza confronti democratici.
Senza slanci e polemiche la democrazia moderna risulta essere in serio pericolo, e si denota dalle influenze di ogni genere e di ogni ambito, specialmente dalla volontà di ribaltare i risultati che si ottengono da regolare elezioni, proclamando alleanze tra le forze non vincenti e non portatori di consensi, esempi recenti sono la Francia, la Germania, la Romania, e altre possibili precostituite elezioni territoriali dove l’ipotesi anche dei ballottaggi sono strumenti inficianti una sorta di primarie elettorale per pilotare i risultati finali.
Le nuove tecnologie sono un’arma a doppio taglio per la stessa democrazia moderna, da un lato rappresentano una sfida per il futuro e dall’altro lato un limite alla sicurezza della regolarità dei processi democratici, e della privacy elettorale.
Siamo di fronte anche a dei limiti storici, una revisione della stessa storia alla luce dei reali eventi non di quelli riportati nei libri dai vincitori, potrebbe modificare l’asset ideologico di un intero continente, perché la revisione dell’occidentalizzazione, denota dei limiti retorici e dei preconcetti che superano la realtà contemporanea, e rendono le democrazie moderne inficiate da giudizi raziali, e da fascismi e comunismi, non più confacenti all’individuo e alla collettività contemporanea.
Anche i cambiamenti climatici possono indurre a pensare o a richiedere nuove forme di governance democratica molto più scientifica e coerente ai recenti studi, evitando forum globali pericolosi per una soluzione efficace, dove la politica influenzata dai poteri forti declina dai problemi reali senza opportunità di analisi corrette. Lo stesso dicasi per le pandemie, la democrazia globale ha dato prova di totalitarismi sanitari, inficiando la libertà individuale a vantaggio di extraprofitti farmaceutici e para farmaceutici, sminuendo la dignità dell’individuo contemporaneo, con conseguenze sanitarie imprevedibili o forse calcolate senza cognizione di causa, ma solo di effetti di profitto.
I limiti della democrazia moderna sono molteplici, e molteplici sono le sfide, ma il sistema può essere migliorato solo con la partecipazione attiva dei cittadini, fatta con trasparenza e rendicontazione.
Oggi il mito della democrazia, così come lo era agli albori aristotelici, risulta incapace di rinnovarsi senza incappare in sfide notevoli, e si svuota a mano a mano di contenuti positivi. Spesso ci riteniamo tutti democratici, ma la stessa democrazia risulta essere in crisi ponendo limiti di natura conclamata ad un conformismo di facciata, che alimenta dei percorsi diseconomici e privi di verità manifeste.
Una malattia dunque patologica, che depone a favore di cause concatenate e scatenanti sintomi rilevanti di una crisi che potrebbe mai più rientrare, consapevole la stessa democrazia di deporre a favore non di un elettorato ignorante anzi, di eletti incapaci di portare avanti con coscienza civile istanze legate al benessere collettivo.
Dunque, un malessere incurabile o solo curato finora con cure placebo, che evidenziano il vuoto ideologico che imperversa nei detentori della democrazia, ovviamente l’interesse per la politica in senso stretto tende verso una deriva qualunquista e lo scetticismo si diffonde tra le masse, e l’ideale politico ha perso il suo entusiasmo collettivo, sprofondando in un immaginario diseducato e disinformato, l’insofferenza di sinistra genera ulteriore dubbi e pronostica l’affermarsi di ulteriori incomprensioni in particolare tra i giovani e giovanissimi, ignari della loro indiscussa manipolazione dei consensi. Ignari della storia. Infatti, si incorre spesso nell’errore analitico socio-statico delle cause che hanno generato le perdite di elezioni democratiche evitando di ammettere o eludendo le proprie colpe congiunte di non aver posto attenzione alle istanze dell’elettorato.
L’offerta politico democratica resta ancorata ai partiti, in forme sintomatiche e che spesso precludono una domanda concreta, perché non si articolano in un’offerta concreta che dà il via a soluzioni pragmatiche concernenti il vivere civile.
Orbene la politica di “parte” resta un eufemismo ideologico, dove difficilmente e democraticamente si riconoscono alcune leadership pragmatiche, come quelle conservatrici e riformiste, volte al recupero per esempio della sovranità nazionale per un maggiore rilievo di prospettiva nella dimensione esterna sia nell’ambito sovranazionale che internazionale, perché consapevoli che solo alleanze neo-conservatrici possono performare la democrazia eliminando e smussando i limiti di una modernità contrastante e che si contrappone all’interesse del cive tanto nazionale quanto europeo.
La propaganda è talmente differenziata e volta a suggestionare la massa, anche con manifestazioni di fanatismo intollerante, o di fede dogmatica su principi obsoleti e lontani dal fare applicare una democrazia moderna, con valori atemporali, libera e processata attraverso meccanismi di sicurezza altrettanto regolari.
I più colti dovrebbero domandarsi quali sono le vie da percorrere per implementare quella consapevolezza politica scevra da incomprensioni, polemiche prepotenza e supponenza, ideologica e retorica di confronto, liberandosi da un conformismo imperante, riconoscendo gli errori, concreti ed illusori di un’offerta non propriamente democratica che inevitabilmente induce a perdere l’elettorato e i suoi consensi.
Bisogna tornare a chiedersi quale deve essere la vera natura dell’individuo o del soggetto operante in un contesto politico democratico, perché siamo all’inizio di una nuova epoca, dove le scempiaggini naturali del cive contemporaneo sono offuscaste dalla intelligenza artificiale, dunque, i limiti concreti della democrazia moderna che vengono sopra enunciati possono essere superati solo dalla coscienza umana altrimenti tecnicamente surclassati da un raziocinio artificiale.
Bisogna pensare ad una nuova dimensione del pensiero politico umano, l’uomo politico, non può più vivere senza riconoscere i propri limiti, in assenza di un pensiero politico che possa sfociare in una vita civile democratica, puntare ad una nuova indagine, ad un neoumanesimo politico, filosofico e scientifico, darà ulteriore luce alla neo democrazia rimuovendo limiti e crisi precostituite da lotte intestine di natura troppo ideologica, infatti, il declino della teoria illuminista dell’individuo ha già preventivato l’esaurirsi dell’uomo pensante, creando una frattura tra la realtà e le logiche di pensiero illuminante, cessando una fase di recupero verso una democrazia senza estremismi ideologici.
I temi di dignità, libertà, personalità, autonomia, sovranità, e uguaglianza sono temi di diritto necessari alla rimodulazione di una teoria democratica moderna senza limiti, senza crisi, dove non vi siano più dubbi, attribuendo nuovi caratteri ai valori che si vogliono professare, per segnare una svolta consapevole e delineare un nuovo carattere dell’uomo moderno e dell’uomo contemporaneo. Dualismo sociale non contrapponibile, l’uomo moderno deve ritornare a sondare il suo io individuale alla luce della collettività in cui è inserito o rappresenta politicamente, perché nella sua individualità persiste tutta l’ideologia democratica moderna, disgiunta dalla sua contemporaneità, e alla attualizzazione di esempi concreti di forme reali di democrazia moderna, esplicitate nel governo delle istituzioni contemporanee.
Quindi dall’individualismo democratico, dall’io individuale collettivizzato nasce l’io empirico, di un uomo moderno che cerca nella sua contemporaneità di esplicitare le sue qualità personali, politiche, economiche scientifiche, artistiche, che devono tradursi in una contemporaneità democratica senza limiti. L’uomo moderno, così democratico caratterizzerà la società di riferimento per il raggiungimento del fine politico e del fine economico.
