• 3 Dicembre 2024
Cultura

In uno dei quartieri più tipici, colorati ed animati di Napoli, il Rione Sanità, spesso identificato, purtroppo ancora oggi, come luogo legato alle attività microcriminali della città partenopea, si ci può addentrare nel suo ventre: le catacombe di San Gennaro.

Un tempo, questo quartiere era chiamato “valle del tufo”.

Il tufo giallo napoletano, una pietra di origine vulcanica, ricca di minerali, molto resistente e allo stesso tempo, friabile quindi facile da lavorare, è stata utilizzata per la costruzione dei palazzi, chiese del centro storico, della cinta muraria della città.

Diventa chiaro dunque, il perché di questo nome “valle del tufo”. Qui, vi erano tante cave e, proprio queste cave, diventano i cimiteri napoletani. Una soluzione trovata in conformità alla legge romana, che proibiva la sepoltura dei defunti intra moenia, entro le mura della città.  Tutte le catacombe, infatti, sono situate nell’immediata aerea suburbana di quei tempi.

Le catacombe di San Gennaro, chiuse fino al 2008, sono un posto eccezionale che va sicuramente visitato. I francesi direbbero un luogo “incontournable” di Napoli, perché quello che si apre davanti ai nostri occhi ci lascia veramente incantati.

Queste catacombe, il cui nome deriva dal martire che vi era sepolto, rappresentano il complesso catacombale più grande e più ampio dell’Italia meridionale.

Di solito, le catacombe comportano la presenza di scale che conducono in ambulacri, stretti e lunghi corridoi, illuminati da lucerne poste qua e là su piccoli davanzali.  Nelle pareti di questi spazi angusti si trovano i loculi. Qui invece, gli spazi sono ampi, perché la catacomba è scavata dentro la collina e non è sotterranea.

È una catacomba strutturata su due livelli, uno superiore e l’altro inferiore, sviluppati uno accanto all’altro.

A rendere grande questa catacomba, oltre alla sua estensione, quasi 6000m2, con più di 2000 loculi e 500 arcosoli, è la presenza delle ossa del martire, San Gennaro, portate qui intorno al V secolo d.C. che determinò così l’arrivo di numerosi fedeli. Un vero e proprio centro di devozione e di pellegrinaggio dei cristiani.

Non è possibile analizzare tutti gli affreschi o mosaici delle catacombe di San Gennaro,  sicuramente merita un’attenzione particolare l’affresco di un arcosolio che rappresenta la prima immagine conosciuta di San Gennaro.

San Gennaro viene raffigurato scuro di carnagione, forse perché di origine africana, privo di barba e più alto rispetto alle altre due figure, una donna  Cominia  e una bambina  Nicatiola. Le due iscrizioni: “lì riposa in pace Nicatiola bambina” e “qui riposerà in pace Cominia”, a significare che l’affresco viene realizzato per la figlia morta prematuramente ma la madre si fa già ritrarre.

Anche la posa di San Gennaro è particolare, a mo’ di orante, con una specie di aureola dietro la testa, riservata di solito all’immagine di Cristo. Questo ad indicare la sua importanza.Senza alcun dubbio, dunque, queste catacombe oltre al valore storico che ci restituiscono sono testimoni della fede, da sempre radicata nei napoletani, per San Gennaro “l’anima” di Napoli, anche se non fu mai vescovo della città. Non dimentichiamo infatti, che egli fu vescovo di Benevento.

Autore

Nata in Francia, vive a Solopaca. Laureata in Lingue e Letterature Straniere, esaminatrice e correttrice delle certificazioni DELF A1-B2, insegna Lingua e Cultura francese all’I.I. S. “E. Fermi” di Montesarchio. Cerca di trasmettere negli studenti il suo amore per la lingua francese. È impegnata in diverse attività di volontariato. Una delle sue passioni: i viaggi.