• 27 Luglio 2024
Editoriale

Viviamo in un sistema economico, che per sua entità non è né una religione, né una ideologia politicamente corretta, infatti, l’economia nella sua numerologia non contempla una morale, ma persegue un profittevole vantaggio solo per i suoi attori partecipanti, spesso speculatori che dominano il circuito economico attraverso una governance privatista di carattere finanziario, che monetizza e volge questa sovranità al di sopra di ogni umana sofferenza.  Il delirio maggiore si sviluppa in ambito politico, dove l’attuale tendenza progressista, ha assolutamente dimenticato la scala di valori importanti per adempiere e soddisfare le aspettative reali di una comunità sociale europea, che suo malgrado cerca di perseguire un’identità, conservando il buon senso civico di cittadini europei, secondo una coscienza storica pregna di senso valoriale e patriottico mai sopito.      

Ormai dopo una pandemica emergenza sanitaria, dove a più riprese sono state disattese alcune verità, e valori costituzionali, nonché scientifici, l’opinione, massificante espressa dai mass- media ed i social, diviene scienza, demonizzando la conoscenza empirica e con esso la ricerca e lo studio fatto di abnegazione, è sufficiente apparire come ecologista o ecocatastrofista, per porre le basi per una nuova teoria ecosostenibile volta a fondere la biologia, la chimica, la meteorologia fisica e quant’altro, senza mai aver fatto studi o avere un presunto Nobel, per essere riconosciuti esperti tuttologi di un settore che richiede una profonda conoscenza scientifica.

La tendenza è sovvertire a più riprese, la realtà, senza avere fondamenti conclamati e approvati con scientifica prova empirica, e l’ecologia diviene il sapere intorno all’ ecosostenibilità globale, ecologismo spinto ed irrazionale, alla stessa stregua del populismo, del sovranismo, senza tener conto che parlare di ambiente, è un valore che si deve conservare con grande conoscenza e profondo rispetto della natura e dell’uomo che vi vive insieme a tutte le stupende biodiversità del creato. Inoltre, padroneggiare queste materie, senza una precipua conoscenza è funzionale soltanto ad una governance speculativa, manipolatoria delle migliori politiche di integrazione nazionali e sovrannazionali europee, al fine di orientare le decisioni verso una profittevole speculazione di massa.

L’ecologismo al pari del progressismo è di venuta una religione, anti comunitaria, e antieuropea, ma la maggioranza politica dell’Unione Europea, consapevolmente spinge il pedale dell’accelerazione verso politiche ambientaliste volte a suffragarla a discapito del cives europeo, restando fermi e assertivi su questo principio, l’eurozona sembra naufragare verso un sistema economico antieuropeo, dove la civiltà e il patrimonio culturale europeo, politico, economico, ambientale e sociale, sarà messo a dura prova per perseguire una tendenza fratricida, che poco sa di ambiente  e della sua naturale sostenibilità.

L’ecologismo impazza in maniera irrazionale, alimentato da una certa stampa anticonvenzionale e progressista che pone l’accento politico sul fare opposizione in forma antiscientifica e senza valori aggiunti. Siamo di fronte ad un presunto riscaldamento globale, che diviene una presunta ipotesi di teoria politica da perseguire senza presupposti analitici o scientifici: gli scienziati sulla materia, ognuno nel proprio ambito, si dividono e dividono ancor più l’opinione pubblica generando una maggiore confusione e spaventosa ansia da futuro, dove una futuribile possibilità di sostenibilità sembra passare solo esclusivamente attraverso politiche di restringimento energetico, o di un potenziale cambiamento delle abitudini, finora acquisite, inconsciamente e inconsapevolmente a discapito dell’ambiente e del suo surriscaldamento.

La preoccupazione del clima sta determinando forzatamente anche una sorta di anti negazionismo che non può essere smentito pur se comprovato da meriti scientifici di ricerca. L’etichetta no vax diviene, etichetta no climax, invece di sperperare le risorse, più accreditate nella discarica delle opinioni non scientificamente suffragate, che alimentano e generano una non possibile soluzione, la politica e l’utente politico devono assolutamente affidarsi ad un ambientalismo di coscienza e sensibilità , lontano da strumentalizzazioni finanziarie,  che pongono le basi per un futuro, precario senza ritorno, i cui costi saranno implementati sulle sorti delle future generazioni.

Certe leadership progressiste, si crogiolano in un sistema manipolatorio volto a garantire una continuità progressista nell’ambito europeo, e spergiurano un ribaltone degli euroconservatori, che al contrario dei socialisti europei sono ben consci. L’animus conservatore si fonda su un idea dell’ambiente e della sua tutela, dove la centralità è affidata all’homo naturale, al recupero di pratiche agroalimentari in sintonia con la natura, escludendo la strumentalizzazione delle multinazionali e delle loro offerte spregiudicate, un offshore condiviso con un rispetto dell’individuo dove il suo io, diviene la centralità collettiva.

La causa ambientalista, è quanto più di conservatore vi possa essere, presuppone la conservazione della natura, e il recupero di pratiche tradizionali che riportano l’uomo e il suo essere alla centralità della vita, e della creazione divina, la fuga perenne da un modernismo di sinistra che opta per un progressismo senza valori, per una marchetizzazione dell’io collettivo, riducendolo a mera merce di scambio globale. Ne conviene che Roger Scruton, pone come avanguardia conservatrice, che il patto ambientalista che si riesce a restaurare tra il cittadino e la nazione, racchiude in sé  un patto civico e generazionale, predisponendo una vera e sostanziale causa ecologica. In tal senso si deve innescare una prospettiva europea, che riesca a integrare una politica strutturale ecologica, che stimola le nuove generazioni a superare le barriere, della semplice e catastrofica crisi climatica, a riportare l’interesse tematico ambientale nella sua naturale dimensione, in maniera che le new generation, possano rimodulare la loro idea di dimora, di casa, di patria, di nazione, in una dimensione più ampia, che travalichi, il modernismo assoluto, in una cultura di comunità sociale aperta alla dimensione umana.            

Tuttavia, la divulgazione televisiva sta spodestando la scienza di riferimento, e sta suffragando una politica fatta di valori umani imprescindibili, nel rispetto delle diversità europee, e delle sue unicità patrimoniali culturali e ambientali, né consegue, che la stessa politica valoriale e conservatrice rischia di soccombere ad una diffusione becera della verità oggettiva, e capovolta dalla speculazione finanziaria, a vantaggio di potenze commerciali che si potenziano grazie ad un mancato criterio di rispetto della natura. La realizzazione di un anti-scienza, fine a sé stessa, opinionista, sta surclassando, una reale tradizione, un mondo valoriale derivante da una storia senza tempo. Una certa politica progressista, fino ad oggi priva di contenuti sta preferendo, agli studiosi ed al valore delle loro pubblicazioni scientifiche, l’opinione mai accreditata di presunti ecologisti, green, che si sposano con una politica europea di sinistra, dei verdi, che spettacolarizzano l’escalation del cambiamento climatico, utilizzandolo ai fini, di una programmazione economica fungibile ad una finanza bancaria altamente speculativa.  Ma il degrado ambientale, non si ferma, e anche se per decenni, un forte pensiero conservatore ha pervaso politiche ultra- continentali, attraversando anche possibili tentativi di recupero dell’ambiente, passando per un senso civico mai attecchito, oggi più che mai i difensori dell’ambiente si devono identificare in temerarie politiche conservatrici, europee, fautrici di uno sviluppo ambientale.  

Cosa fare, semplice e auspicabile, ripristinare l’essenza della conservazione dei valori politici, più veri, in altre parole una controrivoluzione schmittiana, volta alla trasformazione degli aggregati politici  e ad una modulazione o riforma istituzionale, al fine di apportare una nuova idea di stato e di conseguenza a una nuova idea di stato nell’ideologia ambientalista, ponendo l’Europa e la sua  centralità lontano dalla finanziarizzazione mondiale dell’economia egemonizzata dall’America, creando un grande spazio sovranazionale, in grado di superare a livello planetario il totalitarismo ecologico finanziario per orientarsi verso un Europa, continente dal cuore antico e da una antico e sovrano ambiente naturale da conservare. Vero è che non bisogna mai decontestualizzare, la geopolitica di base, ed estrometterla dal periodo storico in cui essa viene teorizzata e applicata, secondo Carl Schmitt, infatti, l’attuale crisi energetica, generata da un pluralismo politico mondiale e dalla diversificazione dei blocchi, non solo dalla crisi ucraina, pone l’accento su un antitesi ovvia, spoliticizzare l’ambientalismo europeo oltre ad allontanarlo da una geopolitica più che mai finanziaria e poco reale. È necessario condividere e migliorare l’ambiente per trasferirlo integro alle future generazioni, una condivisone di conservazione pura senza speculazioni di ogni sorta e un’integrazione con gli altri comparti dell’economia.

Una reale teoria ambientale deve, prescindere da ogni fuga verso l’ecologismo, ogni ismo è assolutamente una provocazione ed una alterazione dell’essenza del divenire umano, mentre recuperare i valori ambientali più umani ci consente contemporaneamente di conservare e tutelare l’ambiente, ossia, se prescindiamo da un circuito economico fondato solo su offerte generate da un mercato altamente industrializzato, sicuramente recuperiamo quella qualità che ci consente di essere parte della natura stessa. Non bisogna abbandonare per esempio l’arte dell’artigianato locale, o delle tradizioni territoriali agroalimentari, che puntano ad una sovranità qualitativa di eccellenza senza intaccare l’ambiente, ma essendone parte integrante, puntando ad un utente famigliare, primo elemento per una applicazione politica sociale e di tutela ambientale, in una sorta di economia circolare, mai avulsa dall’integrità e conservazione del territorio di appartenenza. L’Europa, deve in tal senso farsi carico, di un principio siffatto, non solo, per uscire da una matrix finanziaria irreale, ma per rispettare fondamentalmente tutte le diversità e biodiversità congenite, relative alle varie sovranità. La fluidità progressista comporta una degenerazione, del sistema, cogliendone solo gli effetti ecologisti e poco ambientali e territoriali, effetti che sviluppano politiche avulse dalle istanze e dai bisogni reali sociali, guardando solo ad uso indiscriminato della natura, sfruttandola al massimo senza valutarne le conseguenze in termini generazionali, generando cause di impoverimento paesaggistico degradandolo nella sua essenza. Lo stravolgimento ambientale a cui assistiamo, nasce da una desertificazione della natura per un reperimento delle sue ricchezze al fine di una strumentalizzazione  fortemente autoritaria e di profitto spinto, lo statalismo applicato non solo alle persone si riversa anche sulle cose e sull’ambiente, una coercizione tipicamente di sinistra, che vuole far indietreggiare un conservatorismo, di tutela ambientale, partendo dalla cura dei territori delle nazioni, che non si deve confondere con un nazionalismo ambientalista.

Coniugare la nazione con l’ambiente vuol dire, coniugare la patria con la famiglia, un’ assioma vincente e del tutto conservatore, o meglio di quel conservatorismo nazionale che mal si sposa con globalismo, ascrivibile ad una sinistra, sfrontata e senza limiti, con una visione politica orientata depauperata da quel capitale tanto scientificamente analizzato da un marxismo , presto abbandonato, per addivenire, ad un a visione troppo fluida della realtà e facilmente manipolabile, dimenticando il capitale sociale, che include leggi, costumi e tradizioni, e il capitale materiale, esso stesso contenuto nell’ambiente. Una prospettiva politica che ha allontanato la sinistra dalla sua vera vocazione e ha permesso ai conservatori di fare un recupero della conservazione ambientale in nome di un’idea politica lucida e trasferibile in maniera integra alle future generazioni, nel rispetto di un’eredità di cui siamo fiduciari temporanei.                          

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.