• 27 Luglio 2024
Editoriale

In un’ottica di geopolitica altamente competitiva, l’Artico rappresenta una regione geografica molto ambita fonte di rinnovate conquiste per una corsa sempre maggiore ad accaparrarsi risorse energetiche tra gli Stati. E la storia si ripete, i global competitor, però non sono più animati da un illuminante senso della scoperta delle terre emerse dall’innalzamento delle temperature e dal disgelo dei ghiacciai perenni, che sembravano eterni, bensì l’attrazione è lo sviluppo economico derivante dallo sfruttamento delle diverse e molteplici risorse della Regione artica. La fruibilità, della calotta artica, ha mutato l’interesse geopolitico, che da zona inesplorata ed aspra, apparentemente terra di nessuno, sembra divenire il serbatoio petrolifero, gasiero, e minerario più ambito in tempi di crisi energetica incontrovertibile, come quella attuale. Galeotto il Mare glaciale artico, la cui navigabilità mai raggiunta ad un simile potenziale accrescimento, ha aperto nuove rotte, e anche paradossali passaggi, un tempo impensabili, transoceanici, molto più rapidi che consentono, collegamenti repentini tra poli marittimi ed economici, europei, asiatici, americani e canadesi, che consentiranno un mutamento geografico e geopolitico mondiale.

Possiamo definire lo scenario, una vera corsa all’oro, Artico, e la conflittualità di potere si gioca in una giostra dominata dai paesi rivieraschi che depositari di egemonie marittime e confini di vaste aree oceaniche, si impongono di tutelare a oltranza non solo la nazionalizzazione di esse, con diritti reali di possesso millenari, in contrasto con i nuovi pionieri che di fatto desiderano per convenienza tutelare , un regime giuridico internazionale che consentirebbe una condivisione e congiunto sfruttamento del territorio artico, senza vincoli di accesso. A totale beneficio della stessa ricerca scientifica, unico scopo la tutela dell’ambiente, finora la giostra del potere internazionale si è mossa su accordi bilaterali, tuttavia obsoleti   in un mondo plurilaterale. L’ENI, in qualità di ente nazionale di ricerca italiano, ha consentito all’Italia, di giocare un ruolo rilevante anche dal punto di vista diplomatico e di collocarsi nello scacchiere estrattivo petrolifero artico, in una posizione di internazionalizzazione e nazionalizzazione, del prodotto estrattivo, univoca.

Il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale, hanno generato un cambiamento assoluto, con una quasi totale assenza e ritiro dei ghiacciai, ponendo un fondamento reale di sfruttamento e di intervento all’industria estrattiva mondiale, bilanciate sul 30 % di riserve di gas naturale e il 15% di riserve di petrolio, inoltre ospita a livello naturale il 15% delle risorse ittiche mondiali, e ingente scorte di minerali, tra cui le terre rare, fonte di disputa per un rinnovamento elettrico del parco veicoli mobili di potenze asiatiche, come la Cina. Ne consegue una facilitazione di estrazione e con facilità di trasporto che pone l’accento su una elevata competitività e concorrenzialità dei prezzi al consumo. Il Passaggio a Nord Ovest e il Passaggio a Nord Est, maggiormente navigabili, hanno reso in crescita anche le potenzialità turistiche un tempo ostiche della Regione artica, una riduzione dei tempi di percorrenza del 20 e del 40 % consentono di accorciare le tratte navigabili con una estensione notevole di navigabilità, e la possibilità di adoperare la rotta transpolare, anche per traffici non normati, come fuga da rotte altamente controllate.

Orbene, in una sintesi approssimativa, siamo di fronte ad una rivendicazione territoriale, notevole dei paesi rivieraschi e delle sovranità concorrenti, gli interessi sono immensi, e le strategie messe in campo notevoli, al punto tale che i primi rivendicano le ZEE, zone economiche esclusive, i secondi fanno appello al diritto internazionale che si affida alla volontà politica dei singoli governi e ancor più alle norme di Convenzione  delle Nazioni Unite sul diritto del mare ( United Nations Convention on the Law    of the Sea , UNCLOS) del 1994, che sancisce l’effettività e il livello di sovranità degli stati rivieraschi, in ambiti di linee guida normate. Ma la conflittualità, derivabile, sorge da una sovrapposizione della norma geografica fisica, alla norma non tracciata ma esistente geografica politica dei paesi che per confine lambiscono le ZEE e le relative piattaforme continentali o naturale prolungamento costiero dello stato oltre la demarcazione, cioè le cento miglia che vanno oltre le 350 miglia nautiche di linea di base costiera. Una conflittualità non di poco conto che prolifera dispute e una concorrenza anche sleale, tra i paesi geograficamente più noti e i pionieri della nuova conquista Artica. Il paese insieme al Canada che domina la scena della nazionalità o proprietà della costiera artica è la Russia, e al terzo posto includiamo la Danimarca, la sovrapposizione fisica agli interessi economici  e politici è in tal senso trilaterale, ma nella definizione di governance regionale frontaliera artica compare anche la Norvegia, la Finlandia, la Svezia e gli Stati Uniti, questi ultimi non pongono stranamente ancora delle rivendicazioni di sostanza, ponendo l’Artico in una posizione politica e estrattiva minoritaria nei loro interessi internazionali. Vera camera di compensazione è il Consiglio Artico (CA) che ha modificato il suo ruolo, affrontando interessi comuni delle relazioni plurilaterali in campo, elaborando strategie concertate con essi per sviluppare la governance della Regione artica. Infatti dal coordinamento delle politiche in materia di protezione ambientale e tutela delle biodiversità, si è passati alla tutela dei reciproci interessi marittimi e la difesa dei diritti dei popoli artici o paesi rivieraschi, via via assumendo un ruolo sempre più di interesse politico dei paesi partecipanti, che hanno inteso proteggere i loro assoluti interessi rispetto alle ingerenze internazionali,  o presumibilmente intergovernative a carattere anche molto europeo, con spinte sovranazionali, che inducessero a limitare la propria indipendenza dello stesso CA  nell’ambito della politica estera. La metamorfosi fisiologica del CA ha generato ad oggi, un numero considerevole al proprio interno , oltre agli stati membri, di osservatori, sia statali, vedi Cina, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Corea del sud, Olanda, Polonia, Singapore, Spagna e Regno Unito, e non governativi, ossia International Union for Conservation of Nature, Federazione internazionale della Croce rossa, Consiglio nordico, Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, per l’ambiente, e altri gruppi di ricerca internazionali a carattere universitario.

L’Unione Europea ambisce anch’essa ad un ruolo importante, sia per ragioni geografiche, che geopolitiche può essere annoverata a tutti gli effetti tra i Paesi Artici, più importanti, nonostante le reticenze di altri attori come il Canada e gli Stati Uniti che per interessi assolutamente non marginali non vorrebbero la presenza di un interlocutore così importante come l’Europa, sì l’Europa è un interlocutore non solo rilevante, ma al contempo un interlocutore con un margine di osservazione in forte crescita, proprio perché in forte crescita è la sua politica estera di integrazione. Infatti, l’Unione Europea sta espandendo il suo punto di visione internazionale, tanto nel mediterraneo, dove sta cercando di attuare convenzionalmente un partenariato di leadership esclusivo con i paesi frontalieri del Nord Africa, gettando un ponte di pacificazione e programmazione economica in espansione, anche con il Piano Mattei, di fattura Italiana, quanto nel mare artico, dove intende far valer la sua supremazia pioneristica, attraverso le sue nazioni rivierasche, supremazia che pratica con cognizione di causa scientifica e portatrice di nuova tecnologia estrattiva. Dunque, l’Europa non accetterà mai un ruolo minoritario, da semplice osservatore, di terza fila, e i neo- atlantisti e filosovietici vogliono, invece relegare, l’Europa quanto l’Italia stessa, ad una periferia artica di poca incisività politica e territoriale. La crisi Ucraina, ne contrae apparentemente  il ruolo, l’ingerenza bilaterale, tra America e Russia, vuol depotenziare, il trend di crescita dell’Europa, sperando in un marginale ruolo espansivo, ma l’Unione sovrannazionale, conosce bene i propri diritti, sa perfettamente che la guerra del futuro è una partita che si gioca sulle risorse energetiche e il loro approvvigionamento esclusivo,  e non lascerà la propria rendita di posizione artica appannaggio esclusivo di chi vuole ridurre anche geograficamente la sua espansione ad est e ovest, nonché nel sud e nel nord del mondo.

La guerra russo-ucraina, che vede coinvolta l’Europa, resta una guerra si lobbystica che si sciorina non solo sul fronte energetico, ma anche su una volontà politica per niente conservatrice di foraggiare il fronte dell’industria delle armi specificatamente americana. Ne consegue che siamo ad un bivio di decisioni politiche stringenti nella giostra del potere globale e l’Europa giocherà un giro di grande interesse. Il vortice della crisi, e le evidenti spinte recessive, sminuiranno presto una inflazione del tutto amministrata sinonimo di una volontà appartenente ad una governance finanziaria ma che dovrà recedere. La leadership situazionale, spetta all’Europa, e si confermerà con una maggiore incisività di interventi di posizione.

In altre parole nel Consiglio Artico, si sviluppano due  posizioni, i fautori restrittivi di una forte nazionalizzazione delle risorse energetiche artiche, che stridono evidentemente con membri e osservatori di un processo sostenitore di una linea di internazionalizzazione, questi ultimi escludono le associazioni organizzative ma includono con un margine di veto politico incisivo per l’appunto l’Unione Europea, ma l’ingerenza dei paesi asiatici non artici resta notevole, e infatti suscita aspettative di sviluppo e di interesse economico da parte di grandi giganti economici dell’Asia, i quali insidiandosi nel Passaggio a Nord Est , stanno spingendo per un recupero potenziale economico di primo piano, ovviamente parliamo di un crescente interesse politico in particolare della Cina, a seguire del Giappone, Singapore, Corea del Sud e India.  Ma la Cina sta giocando da osservatore un ruolo dominante, e con il passaggio della rotta del Mare del Nord, cerca di sfruttare non solo le risorse ittiche artiche al contempo di ritagliarsi uno spazio del tutto politico e territoriale. Le strategie e le misure, che il governo cinese suole adottare, spingono in una angolazione nell’area della Groenlandia e della Islanda, paesi aperti ad un forte dialogo commerciale, con il governo di Pechino e secondo accordi bilaterali, questi paesi cedono circa il 60% del potere estrattivo al governo cinese e alle loro multinazionali, che posseggono un potere di investimento elevato. Il punto apparentemente marginale resta , l’elevato potere di investimento di alcune multinazionali, che orientano le decisioni politiche a suffragio di profitti e politiche nazionali, ma queste governance, possono essere ridotte da poteri di sovra nazionalità del tutto europei, che non deve più dipendere da una politica energetica di rimando, il distacco dalla Russia ha insegnato, che lo sviluppo nasce da una consapevolezza e da un coraggio di intervento inclusivo nella politica internazionale. In tal caso l’Europa deve optare non per un partenariato ma per una incisiva azione di intrapresa estrattiva del tutto Europea. Bisogna conquistare uno spazio politico, di grande possibilità e opportunità. 

L’Italia, vive un rapporto con l’Artico, che ha una datazione storica risalente alle esplorazioni promosse dal Duca degli Abruzzi (Duca Amedeo di Savoia-Aosta), oggi legata ad una notevole ricerca promossa dall’ENI e dal CNR, che consentono una presenza artica ben monitorata, l’una per una seguita azione estrattiva e l’altra con eminenti basi di ricerca esplorative influenti. Le prospettive economiche si inseriscono non solo in un contesto di sovranità nazionale ma anche sovranazionale, con aspettative che non afferiscono ad una politica al momento necessariamente né nazionalista, né internazionalista, ma perfettamente integrata nel quadro di sviluppo europeo. Ne consegue che comunque il ruolo italiano resta ed è di grande prestigio tecnologico, scientifico, ed etico, nulla toglie che l’Italia pur non essendo un paese rivierasco, ha assunto con le sue notevoli capacità diplomatiche, di dirimere le pretese degli stati frontalieri e rivieraschi da un punto di vista giuridico. La maggiore dominanza politica e geopolitica viene esplicata dal Canada e dalla Russia, stati fortemente militarizzati che spingono a livello Artico una sorta di guerra fredda, senza eguali, superando i negoziati bilaterali, e le trattative condotte dall’ONU, che stanno vivendo un chiaro momento di stallo. Sarà la competitività estrattiva e la sua convenienza a giocare un ruolo competitivo, nel mercato globale, di tutti gli attori di questa esclusiva vicenda mondiale, e fino a quando l’estrazione non assumerà costi vantaggiosi, essa stessa resterà poco appetibile, e la giostra del potere fine a sé stessa. L’Italia, e non solo, punta oltremodo, ad uno sviluppo diversificato della Regione Artica, che potrebbe essere anche fonte di opportunità infrastrutturali, libera da ogni fiscalità di riferimento.                                        

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.