Quando pensiamo ai classici ci vengono in mente prima di tutto l’Iliade e l’Odissea di Omero. Ciò che non ci viene in mente è che anche Omero avesse i suoi classici. Quale? Il racconto della spedizione degli Argonauti nella lontana Colchide sulle tracce del leggendario Vello d’oro con tutto ciò che ne consegue nella storia di Giasone e Medea. Sia nell’Iliade sia nell’Odissea l’avventuroso viaggio è menzionato e Circe dice, addirittura, “la nave Argo conosciuta da tutti”. Quindi, noi parliamo della guerra di Troia come il classico dei classici ma i Greci durante la guerra di Troia parlavano del viaggio della Argo e, come dirà poi Apollonio Rodio, delle Argonautiche come il loro classico per eccellenza perché raccontava il viaggio più pericoloso della storia. Proprio con questo titolo – “Il viaggio più pericoloso della storia. Sulla rotta degli Argonauti” (Il Mulino) – ora il filologo Tommaso Braccini ha ricostruito, semmai sia effettivamente possibile, il viaggio dell’eroe e dell’’anti-eroe Giasone che toccò la Scandinavia e il Sahara, lo stretto di Gibilterra e l’Oriente ma che il viaggio più pericoloso lo compì intorno a sé stesso. Sì, perché, alla fin fine, il viaggio più pericoloso della storia coincide sempre con il viaggio dentro la nostra anima.
Il segreto della fortuna della storia di Giasone, prima eroe e poi anti-eroe, prima bello e fortunato poi brutto e dannato risiede non a caso in Medea e nella Medea di Euripide che è una vera e propria tragedia ossia un terremoto. E’ proprio quando Medea ruba la scena a Giasone che Giasone ha “successo”. Perché? Perché è circondato dal fior fiore degli eroi e dai semidei della Grecia – Eracle, Orfeo, i Dioscuri – mentre lui è normale, normalissimo, praticamente debole, insomma, un uomo senza qualità, uno di noi. Ecco perché ha successo: chiunque può identificarsi in lui. Ma poi, dal volo dell’ariete al centauro Chirone alle Rupi Cozzanti, c’è un altro protagonista nel viaggio argonautico: il mare. A ben vedere il protagonista assoluto del viaggio più pericoloso della storia è proprio il mare che il viaggio trasforma da Inospitale a Ospitale: da thalassa, mare infecondo; da pelagos, distesa senza confini; da hals, sterile acqua salata, il mare diventa pontos ossia sentiero, ponte aperto nonostante “ostacoli, mostri e pericoli” di ogni natura e genere. E’ questo il senso più riposto e profondo – come è profondo il mare – del mito degli Argonauti: il mare, con tutti i suoi significati pericolosi, diventa un ponte, un passaggio, una via percorribile nonostante gli ostacoli, forse, insormontabili. Coloro che oggi si avventurano per mare su navi improbabili non affrontano il viaggio più pericoloso della storia o della loro storia? E cosa vuol dire, a conti fatti, Mediterraneo se non mare tra le terre e, quindi, quasi per natura “ponte”, “passaggio”, “viaggio”? Gli Argonauti di ieri andavano alla ricerca del leggendario Vello d’oro ma la stessa cosa si può dire perfino degli Argonauti di oggi disposti ad affrontare il viaggio più pericoloso pur d’inseguire il Vello d’oro che trasforma le loro vite.