• 10 Ottobre 2024
Editoriale

Ogni giorno ci si confronta con una realtà che mette a dura prova il genere umano esponendolo come uno spaventapasseri in un campo appena seminato, dove si speri che germoglino spighe di grano dorate e brillanti. I nostri nonni, i nostri genitori, hanno avuto mani callose e scarponi pesanti, hanno lavorato campi immensi e hanno atteso il maturare dei raccolti, soddisfatti di aver prodotto e di aver realizzato per il bene dei figli e per l’onore dei loro stessi nomi da portare avanti. Figli divenuti, grazie alle loro fatiche e sacrifici, figure professionalmente ben affermate nei vari settori, lontano dalle zolle di terra arate dai loro avi.

La bellezza di tanto valore umano si acquisiva dall’educazione semplice e preziosa. I maestri a scuola erano istituzione, erano colonne educative che uniti alle famiglie impartivano lezioni non solo didattiche ma soprattutto di civiltà. Il rispetto lo si palpava quasi con le mani, lo si vedeva ad occhio nudo, il maestro entrando in classe vedeva tutti gli alunni accoglierlo alzandosi in piedi per il saluto, si usavano le frasi: “Per favore posso, la ringrazio, chiedo scusa, con permesso, mi dispiace, l’aiuto io, prego si segga al mio posto…”.

Stessa cosa a casa, non si mancava mai di rispetto agli anziani, nulla era dovuto, tutto veniva condiviso come la buona educazione. Sicuramente esistevano le esagerazioni, le delimitazioni, delle chiusure mentali date dalla maggiore ignoranza e minore livello di cultura per la poca frequenza scolastica ma di certo anche gli analfabeti conoscevano il valore del rispetto che era la forza più eloquente di vita.  Siamo nell’anno 2024 (dopo Cristo) abbiamo visto creare grandi opere artistiche divenute eterne, abbiamo studiato splendide opere letterarie capaci di illuminare anche le menti meno predisposte alla letteratura, abbiamo ascoltato opere musicali dei più grandi maestri quali Mozart, Bach, Strauss, Beethoven, Rossini, Puccini, Verdi, Caruso, Pavarotti, eppure non siamo stati in grado di conservare lo stato morale che avrebbe dovuto essere la costante nella nostra vita. La nostra società sta attraversando una sorta di “Caduta di Stile Generazionale”.

Che cos’è la caduta di stile generazionale? È nient’altro che la predisposizione ormai che hanno sia i giovani che i meno giovani a non prendere minimamente in considerazione le più elementari regole di educazione. Si è caduti troppo in basso ormai, per poter sperare di rialzarsi per elevarsi ad uno stato sociale che resta alla base della condizione di essere umano dotato di intelligenza, tatto e buone maniere.

Gli insegnanti sono sempre meno al sicuro nelle scuole, dove alcuni studenti (ovviamente non va mai fatto di tutta l’erba un sol fascio!) si sentono in diritto di poter accoltellare il maestro per una nota data sul registro, per un commento sull’impreparazione o semplicemente per un cattivo voto.

L’istruttore sul campo di calcio, il mister, deve prestare molta attenzione a come prepara atleticamente i propri ragazzini, di come sceglie di disporre una squadra per disputare la partitella della domenica, perché fuori dal campo sugli spalti, non ci sono i genitori dei piccoli atleti ad assistere ad un momento sportivo ma ci sono dei leoni pronti a cibarsi delle carni dei gladiatori nell’arena. Volano parolacce, imprecazioni colorate, gestacci e anche variopinti biglietti di andata verso un paese molto noto a tanti.

Famiglie disgregate che sempre più spesso perdono il senso del legame di sangue con i propri figli quasi dimenticandoli, preferendo a volte adozioni occasionali con figli di altre disgregazioni. Gente che si veste di autorità, di abiti indossati per errore o per presunzione. Coppie che scoppiano senza preoccuparsi di come i figli potranno crescere. Uomini soli, donne che si sono perdute l’anima, ragazzi che non hanno ancora trovato la strada da seguire per raggiungere i loro obiettivi, strade che portano ad entrare in tunnel seguiti da pochi metri di cielo e poi altri tunnel da attraversare prima di rivedere la luce.  

Ai convegni, agli eventi, non si rispettano più le regole dei cerimoniali ma non perché non si vogliano rispettare, ma perché non si conoscono le regole! Primi cittadini che non mostrano interessi per i loro paesi ma che pretendono che lo dimostrino i cittadini stessi. Bambini che bullizzano i loro compagni fino a portarli nel terrore già dalle elementari, aggiudicandosi una sorte di predominio sul potere futuro fin dalle fasce. Piacenti signore che di distinto non hanno nemmeno il colore del loro rossetto sulle labbra a canotto devastate dalla voglia di apparire per provocare. Genitori, che siano madri o padri, che prima di pensare a ciò che potrebbe rendere felici i loro bambini mettono in primo piano ciò che potrebbe soddisfare la loro sete di libertà. Ragazzi che si fumano il cervello mischiando al whisky funghetti di felicità. E ci meravigliamo se ogni giorno i telegiornali trattano omicidi e violenze?

Ormai se ne parla soltanto come se si trattasse di una telecronaca di sciami sismici. Ci si augura una soluzione ma non si fa nulla per trovarla. Si parla di educare ma chi deve educare dunque? E da quando bisogna iniziare questo percorso educativo? Da chi deve partire? Da una legge?  Da un bilancio economico da stipulare con ditte appaltatrici di costruzioni in strutture comportamentali?  forse si potrebbe pensare a delle figure specifiche “PSICOLOGI” nell’ambito scolastico già dalla prima elementare, ma non con il classico sportello di ascolto dove nessuno si reca per non essere beffeggiato e preso per pazzo dai compagni, bensì dall’immettere nell’orario scolastico l’ora di psicologia e l’ora di educazione “civile” che abbracci tutte le norme che regolano i rapporti tra cittadini, partendo dalla famiglia agli affari nel sociale.

Lezioni date da professionisti che non siano gli insegnati delle materie scolastiche, ma figure che ogni settimana, dalla prima classe della scuola di formazione, impartiscano degli insegnamenti basilari su come si vive con moderazione, rispetto e civiltà. Materia essa da trattare ogni anno fino alla laurea di qualunque indirizzo scolastico o facoltà. Insegnare a guardare le persone nel modo giusto, offrire le modalità corrette per fronteggiare ai problemi del quotidiano, impartire le nozioni base per poter crescere acquisendo le regole. Laddove le generazioni che attualmente hanno avuto dalla loro personalità “la caduta di stile comportamentale” e che non posseggono dunque i mezzi per educare potrebbero forse assistere alla salvezza delle nuove generazioni con un lavoro educativo imposto dalla scuola e dallo stato. Aprire le proprie menti potrebbe essere il percorso più nobile per l’uomo. Percorrere le strade lungo terre da scoprire prima in sé stessi e poi negli altri potrebbe manifestarsi come il sapore ed il profumo di cambiamento da offrire alle nuove generazioni.

“E’ giunto il tempo -come scrive Pina Riccardi – di essere chiamati e non chiamanti, di essere attori e non comparse di una realtà che senza l’impegno concreto e diffuso è destinato solo ad inasprirsi” .

Autore

Carmela Picone nasce nel 1969 a Solopaca , in provincia di Benevento. Dopo aver conseguito il Diploma di Maturità Classica, leggendo Pirandello scopre la passione per il teatro. Partecipa e vince un concorso letterario con La Libroitaliano Editore e vede le sue poesie pubblicate in un’antologia. Scrive il romanzo “Gocce d’Amore” che ottiene immediato successo tanto da interessare un regista romano che chiede all’autrice di scrivere una sceneggiatura tratta dal proprio libro per la progettazione di un film. Nel 2021 scrive “La poesia delle parole semplici” una silloge pubblicata dalla Atile Editore. Le passioni restano la scrittura, i viaggi ,la recitazione e la pittura . Ama molto viaggiare, scoprire nuove culture, ammirare nuovi paesaggi e far tesoro delle emozioni che ne scaturiscono dopo ogni luogo ammirato. La sua ambizione più grande resta quella di promuovere il territorio nel quale è nata, e dove oggi s’impegna nel sociale per tenere vive le tradizioni e per portare alla conoscenza di tutti la meraviglia e i tesori della sua terra. piccola perla del Sannio.