• 27 Luglio 2024
Editoriale

Siamo sempre più in una dimensione da Matrix, le odierne  crisi belliche con un celato risvolto geopolitico, diventano battaglie da vincere con destini medievali o ancor meglio cinquecenteschi, poiché il tutto è giustificato come guerra lampo, una aggressione territoriale immediata ma che si protrae, nel tempo senza badare al dispendio tragico di vite umane.

Un giro di vite, che non si potranno mai più recuperare, quando si tratta di donne, prestate alla guerra e reclutate, ancor meglio quando si è accorto di truppe, con addestramenti immediati, fungibili all’uso di armi da fuoco e concrete pratiche da combattimento. Ciò, è quanto, sta accadendo in Ucraina, in particolare nell’Ucraina sudorientale, dove le sessioni femminili superano quelle maschili, la fascia di età è irrilevante, ciò che conta è arruolarsi, perché, pare che il sesso del guerriero non faccia differenza. Ma ancor più grave e atroce è lo scenario che si prospetta quando il guerriero arruolato, sta sotto la maggiore età, praticamente parliamo di bambini soldati, che fanno parte di forze militari armate, un abominevole iter, riguarda una casistica che include sia bambine che bambini, prescelti per meri fini sessuali. Secondo una recente stima, sono 300.000 i bambini usati nei combattimenti di tutto il mondo, a scopi militari, ma che sopperiscono a violenze sessuali, mai denunciate, e mai palesate.

Sono bambini, senza nome, privati della loro vita e della loro infanzia, un simile fenomeno di sfruttamento avviene ovunque, quanto in Africa e in Asia, in America e in Europa, e il fenomeno cresce con il crescere dei conflitti, ma l’omertà di questa assurda pratica, è silente ovunque, e i reclutamenti sono frequenti, come frequenti sono le pratiche di stupro e violenze sessuali, brutali che subiscono di ogni tipo, senza esclusione di genere.

Ormai la geopolitica, e l’interesse di mercato, molto spesso, per scopi puramente di approvvigionamento energetico, sfocia in guerre etniche, a sfondo religioso o con chiari tratti nazionalistici, mai spenti, dal secondo conflitto mondiale, con tempi assolutamente lunghi, si ravvede necessario reclutare continuamente nuove truppe, sempre più agili e incoscienti nell’affrontare il pericolo, ergo, rimpiazzare le perdite subite è molto più semplice con giovanissime donne e bambini, capaci di maneggiare le nuove armi, sprezzanti del pericolo e  affrontare  il combattimento senza indugio, a corpo aperto.

Tuttavia è noto, che molti di questi guerrieri in erba, senza età e senza nome, ovvero, senza una documentazione sono sì volontari, ma volontari forzati, perché nelle regioni di conflitto, non esistono presupposti di protezione dell’infanzia, essa è negata a prescindere, per esempio in Uganda, i bambini dell’Esercito di dio, subiscono un addestramento paradossale, pronti al martirio, in caso estremo, in Iran e Iraq, i bambini venivano posti in prima linea con la fascia bianca dei martiri dell’islam, una schiavitù minorile mai denunciata o comunque non di interesse globale.

L’occidente non menziona mai, ufficialmente questo fenomeno e le sue conseguenze esperibili da una sopravvivenza estrema con effetti psicologici inimmaginabili, irrecuperabili, e devastanti. Vietare il reclutamento rimane un punto di diritto internazionale, che però, non contempla le atrocità dei conflitti sui territori di riferimento. La Convenzione dei diritti dell’infanzia, in particolare, pone dei limiti di età mai rispettati, ma anche mai controllati, infatti, si annovera tra i paesi europei il Regno Unito, che anche con la Brexit, non ha posto un freno ai reclutamenti minorili, e all’uso bellico di minori.

Ma lo sfruttamento dei minori è trasversale, passa in occidente, anche attraverso il lavoro minorile, nelle società preindustriali e post- moderne, dove l’uso dei bambini è indispensabile ed esemplifica i costi di lavorazione riducendoli a una retribuzione minima ed è propedeutica alla sussistenza del minore presso ceti bassi o medio bassi. Nemmeno l’avanzare della tecnologia e della digitalizzazione sta ponendo un freno a questo secondario e subdolo ausilio dei bambini nello scenario dell’età industrializzata di massa, e del comunismo e consumismo globale, a nulla sono servite e servono le denunce e le predisposizioni normative atte ad eliminarlo, e ancora oggi l’attuale crisi economica post pandemica sta aggravando il fenomeno e la sua diffusione, una percezione del lavoro così detto nero che include anche i bambini, e talvolta solo i bambini. Parliamo di stime di oltre trecento milioni di bambini nel mondo, nati nel pieno boom demografico che poco conoscono dell’inverno demografico sociale a cui va incontro la società del futuro, ignara delle sue ormai epiche contraddizioni sociali e statistiche.

Certamente gli effetti negativi sullo sviluppo psico- fisico del lavoro minorile, vittime inconsapevoli di questa piaga sociale, sono innumerevoli, una schiavitù mai eliminata che trova sempre più una ragione d’essere per una sopravvivenza che le forze politiche globali fanno finta di ignorare. Oltre l’obbligo scolastico e una apparente istruzione, non si mettono in atto altri strumenti per ridurre un fenomeno di portata mondiale. Un fenomeno che complessivamente è figlio della prima rivoluzione industriale, e diviene oggi una dinamica demograficamente implementata nei territori oggetto di conflitti e crisi belliche recenti, perché gli infanticidi che avvengono a Gaza, sono mostruosi, è una sentenza di morte annunciata, che nessuno sta fermando.

In effetti siamo difronte ad una implosione contro etica che induce a replicare il lavoro infantile non solo nell’ambito militare ma anche sistemico economico di società ai margini della globalizzazione. Oggi, malgrado tutto, si ha una presa di coscienza, che riconosce, la presenza e la portata mondiale del fenomeno, le cui dimensioni, incontrollate, non consentono di sedarne il sistema di sviluppo. 

Il passato letterario è stato molto sensibile alla denuncia dello sfruttamento minorile, già nell’Ottocento letterati come Charles Dickens, Victor Hugo, Emile Zola, Giovanni Verga, descrissero con un realismo ed un verismo nobilitante letterariamente, la realtà di povertà e sfruttamento minorile subito dalle classi disagiate dei loro territori e nazioni di riferimento, ma solo con il Novecento si provvide ad una attenuazione del lavoro minorile. Tra i primi gli Stati Uniti D’America, dove la sensibilizzazione venne messa in piazza da movimenti di azione e politica di massa, ma i passaggi storici sono stati gravosi e tortuosi e sebbene oggi, si osteggia la piaga dello sfruttamento minorile nel mondo dal 1946, essa resta aperta e diffusa.

Il bambino è vittima di ogni sorta di violenza, poco si osa per i suoi inviolabili diritti, siamo immersi in una sorta di approccio etico, culturale e sociale, che riconosce la sacralità dell’infanzia ma che sostanzialmente non interviene per tutelarla, i conflitti in corso ne sono l’evidente dissacrazione, di una infanzia negata, violentata, vessata, le prime vittime indifese ed innocenti sono i bambini, ma i governi non si mobilitano per la loro assoluta salvezza, il mondo si indigna ma volta pagina, pone l’accento altrove, e le vittime innocenti diventano orfane anche di uno stato che non c’è.

Resta impensabile, reprimere il conflitto ma doveroso, proteggere l’infanzia colpita nella sua integrità da una guerra voluta ed eseguita da adulti incoscienti e proni alla ragion di stato.

La Pietas e la Caritas Cristiana , hanno rivoluzionato una pratica che storicamente poneva l’antica cultura mediterranea in un abisso di abbandono e infanticidio, del tutto normalizzato dal pensare dell’epoca, oggi dopo duemila anni la sacralità della vita umana passa esclusivamente attraverso la protezione genitoriale e statale dell’infanzia, il bambino , viva dio, già con Giustiniano diviene una persona giuridica, ma solo con la caduta dell’impero Romano d’Occidente, le violenze dell’infanzia avvenute anche con le invasioni barbariche si  trasforma, in una cessazione di questo regresso e retaggio culturale, che ad oggi sembra essere riproposto con il conflitto israeliano-palestinese.

Un conflitto, che ci riporta indietro nella storia, in un’epoca, di barberie, dove i diritti inviolabili dell’infanzia, convenzionalmente tutelati dall’Unicef, sembravano dimenticati, i bambini diventano, invece mostra di un reality social, dove l’immaginario virtuale, affonda la sua perversione sessuale, e vive una secondo olocausto senza precedenti. 

Lo sfruttamento di queste immagini, veicolate senza filtri, dove i principi della privacy degli stessi bambini non subisce alcuna tutela, anzi, l’orrore delle loro, ingiustificate sofferenze, diviene scenario di comunicazione, anche spinta ed alterata dalla stessa AI, l’intelligenza artificiale, che modifica e produce uno sconfinato confine non più visibile tra realtà e finzione.

Proporre un recupero, e un abbandono di pratiche, rasenti la mercificazione della vita fin dal suo concepimento, con l’inclusione di reati universali, che tutelano, il bambino subito, nella sua innocenza di embrione, è poco, la sublimazione dell’infanzia non è massificazione delle sue sofferenze, le guerre del mondo devono escludere simili crimini, devono i governi riappropriarsi, non solo dell’amor di patria, dell’amor di madre, ma ancor meglio dell’amor dei suoi figli delle sue attuali e future generazioni, con politiche di azione oltre frontiera con frontaliere sensibilizzazioni e negazione delle barbarie moderne.

Perché ci stiamo fortemente islamizzando nei comportamenti, l’atrocità non ci deve appartenere, rimandiamola al mittente ad un terrorismo integralista senza umanità, perché stiamo abbracciando una cultura che non ci appartiene, la sensibilità e la sacralità dell’infanzia, di una vita già in essere, ci deve mobilitare alla sua sostenibilità al di là di ogni umano sospetto, etico, religioso e politico, bellico.

Indi, emblema di una eutanasia, pronunciata in punta di un diritto disumano, che rifiuta, ogni considerevole e giuridico azione terapeutica, è l’esempio, della morte dell’io, a cui assistiamo basiti, senza reagire. Non siamo un hard, non possiamo decidere di spegnere a nostro piacimento, come in un freddo acquisto di mercato, un figlio e frutto dell’amore di due anime, e non si può non tenerne conto. L’imposizione ideologica, del Regno unito, ha calato il sipario troppo presto, estremizzando una decisione, non richiesta, ma imposta, ad una dolce bambina alla quale non sono solo state negate le cure, ma l’infanzia, in una pretesa giuridica, carnefice di una vita spenta senza diritto di appello.

Morale, i bioeticisti, assurdamente ritengono che l’aiuto ulteriore, dell’eccellenza ospedaliera italiana, il Bambin Gesù, si profilava come accanimento terapeutico. Il paradosso è che l’accanimento si ravvede in un paziente in fase terminale, nella fattispecie, indi era viva e coraggiosamente animosa di vivere, la negazione della sua vita, decisione presa drasticamente a tavolino come in una partita sportiva, semina sdegno.

Una vita spezzata, una infanzia negata, il simbolo di un infanticidio senza precedenti, l’Europa, l’Italia, deve rimodulare la morale della vita, ripartire dall’infanzia e dalla sua inviolabile tutela.                            

Le atrocità non si limitano, a quanto fin qui denunciato, troppi sono i bambini trafugati alla loro quotidianità, deportati chi sa dove, per assurdi traffici illeciti, illegali, e però assolutamente veri, che siano per scopi sessuali, traffico di organi, reperimento di plasma per droghe di innovata tendenza, per una élite depravata, e perversa che rifiuta biologicamente e psicologicamente i suoi limiti esistenziali. Ma anche se il mondo, si prodiga a denunce di chiara ed evidente realtà, l’umanità volta pagina, la verità non trova pace, molti registi di chiara fama mondiale, hanno tentato questa strada, ma inutilmente, perché ostativamente il messaggio non è stato veicolato.

Forse la pedofilia è più forte della politica di governo? Forse siamo veramente arrivati all’orizzonte degli eventi che pianificano occultando ogni inviolabile diritto, ormai le minoranze elitarie, sembrano dominare potentati così fortemente integrati, che i loro diritti sono più importanti dei diritti dell’infanzia? Non voglio assolutamente dare una risposta, il genocidio in atto in Palestina, comprova un ennesimo tributo di vite, con migliaia di bambini innocenti sacrificati, immolati non a Dio, la loro etnia è irrilevante, ma importante è distogliere l’attenzione, dal loro massacro legalizzato da una guerra antidemocratica, e anacronistica ai tempi, un moderno olocausto.

Indi, sarà per molto tempo, l’emblema di una sovranità genitoriale rubata, i nostri figli, non ci appartengono, nonostante la teoretica patria podestà, la loro educazione sta diventando un esempio di fluidità arcobaleno che va oltre una etica di buon senso, sono sottoposti dalla primissima infanzia a dover scegliere o addirittura decidere il loro potenziale orientamento sessuale, senza capirne il vero significato. Come possiamo fermare, questa onda anomala, di immondo abuso dell’innocenza infantile?

Tuttavia, vi prego, non spegniamo mediaticamente i riflettori su ciò che avviene a livello globale, anche le multinazionali, sono fortemente impegnate a strumentalizzare l’infanzia, e ogni nostro acquisto a basso costo, è il grido di fame di un bambino che ha speso la sua giornata a riciclare plastica, su montagne di rifiuti, per aumentare il profitto di chi produce e appagare il desiderio di chi acquista. Non distogliamo l’attenzione dalle notizie, entriamo nel vivo dell’informazione, guardiamo oltre ciò che ci fanno vedere, perché anche noi siamo stati bambini, perché l’infanzia negata 4.0, significa ripartire dai nostri figli, questo che stiamo agognando per loro, è un orizzonte senza futuro, senza umanità, senza una carezza d’amore, senza un abbraccio materno, senza identità infantile.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.