• 27 Luglio 2024
Tradizioni & Leggende

Due amanti, un conte, una montagna e il paese di Valle Agricola. Da qui parte la nostra avventura, quella della leggenda del “Monte Janara” che come tutte le leggende si basa su verità storiche. Al tempo dei signori e dei castelli vi era l’usanza, tra i contadini,  di chiedere in sposa una donna previo permesso del signorotto locale il quale poteva invocare lo “ius primae noctis”. A dir la verità, gli storici sembrano essere concordi nel considerarlo una tassa da pagare, ma la narrazione tradizionale di stampo medioevale vuole che questo sia il diritto da parte del signore feudatario di passare con la sposa del contadino la prima notte di nozze. Ebbene, partendo da questo aspetto storico, quella che seguirà è una versione rielaborata della leggenda, con il suo fascino ancestrale e shakespeariano.

Ai tempi della Baroneria di Valle Agricola, nella sala del castello avanza al cospetto del conte Pandone una coppia di contadini. Si amavano tanto e volevano la benedizione del loro signore perché i due volevano sposarsi. Quando i due arrivarono al suo cospetto, Pandone non riuscì neanche a sentire le parole dell’uomo. Gli entrarono da un orecchio e uscirono dall’altro, poiché lei era bellissima. E quando i suoi occhi si alzarono a vedere i suoi, lui ne rimase folgorato. Il Desiderio si impossessò di lui. Ma volle mantenersi retto e onesto come giustamente la gente lo aveva sempre considerato e acconsentì al matrimonio. Ma la notte fu insonne e continuava a vedere lei, nella sua mente. Il servo si accorse del turbamento e dato che i due erano in confidenza il conte gli confessò tutto:

– La vedo ovunque. Non posso far altro che pensare a lei. E’ un’ossessione che non posso combattere. Una libidine mi avvolge lo spirito con i suoi tentacoli. Se solo potessi assaporarla, per una volta, per provare anche solo per un po’ il calore delle sue labbra e della sua pelle…

– Mio signore. Invocare il “diritto della prima notte” non è una meschinità. E’ prassi consolidata che il signore possa passare la prima notte di nozze con la sposa promessa

– E’ troppo il Desiderio! Eppure sento che è sbagliato.

– Una vita di gioia l’attende con il suo sposo. Cosa credete possa essere una sola notte per lei rispetto a un’intera vita coniugale? Voi siete il signore della città.

– Sì, sì, lo sono. E sono potente. E ciò che voglio è legge!

La notte a venire, i due amanti erano da soli e senza sospetto. Nel loro giaciglio vivevano il loro amore tra momenti di dolce affetto a momenti di più forte passione. Ma la porta si spalancò. I due sobbalzarono. Le guardie irruppero dentro e si fiondarono sulla ragazza. La afferrarono e la strattonarono dalla presa del suo uomo, mentre lei si dimenava. Ma tutto fu vano poiché le guardie erano tante e i loro metodi veementi. Bastò un colpo ben assestato per buttare a terra l’uomo senza sensi. Lei piangeva chiamando il nome del suo amato. Ma quelle mani la portarono via, su un cavallo, verso il castello del conte, quando la notte era profonda e fredda. Quando lei entrò nella stanza del conte, vide troneggiare il sontuoso letto. Dinnanzi al camino acceso si stagliava la sagoma del signore, che stava lì con un calice di vino ed una veste da sera. La scrutò. Vide il suo volto ansimante e tremante, gli occhi neri brillare alla luce del fuoco, i capelli setosi scivolare lungo le spalle e il corpo inerme e sinuoso.

– Non avere paura. Domani ti sposerai e andrà tutto bene. Voglio solo una cosa da te.

Il conte si avvicinò. Le toccò la guancia. Poi cercò di avvicinare le sue labbra alle sue. Quello che sentì fu un forte e immediato bruciore sul volto. La fanciulla, in un raptus improvviso e istintivo, gli aveva tirato uno schiaffo. Lei rabbrividì quando vide il suo volto accigliarsi di rabbia. L’uomo l’afferrò e la scaraventò sul letto. Si pose sopra di lei e le bloccò le mani e le gambe. Nulla poterono le sue grida. Ma ciò che sentì subito dopo fu il sangue caldo del conte schizzarle sulla veste. Una spada gli aveva appena trapassato il petto. Gli occhi gli rimasero sgranati. Poi la lama si ritrasse e il corpo del conte cadde dal letto con un tonfo. Ora sopra di lei non vi era il più il conte, ma il suo amato, con la spada insanguinata. Lei rimase tra la gioia e lo sconcerto. Ma non c’era tempo da perdere.

– Signore? Signore va tutto bene?

Era il servo del conte, che lo chiamava dall’esterno della porta.

– Vieni con me, andiamo via! – disse l’uomo.

La ragazza dette uno sguardo fugace intorno: la finestra era aperta.

– Chi è là!? – continuò la voce del servo, sempre più allarmato e sospettoso.

L’uomo intanto portò la sua donna verso la finestra aperta. Guardarono giù. Le fronde degli alberi erano rigogliose e la terra era coperta da folti cespugli. Intanto alla voce del servo si aggiungevano quelle di altre guardie. Così si sentirono le spinte e le percosse sulla porta, nel loro tentativo di entrare.

L’uomo trasse una corda e mentre i colpi sulla porta aumentavano, la ragazza vi si calò più veloce che mai. Quando toccò terra ecco che entrarono le guardie!

– Tu! Assassino!

L’uomo non aveva tempo. Si gettò nel vuoto. Fu un vero e proprio balzo nel vuoto.

I cespugli riuscirono ad attenuare la caduta. Le guardie si affacciarono dalla finestra.

– Eccolo la! Prendetelo!

I due amanti si abbracciarono.

– Torna a casa – disse l’uomo.

– No io vengo con te. Io non ti lascio.

Ma le guardie erano appena uscite dal castello e si stavano avvicinando. L’uomo prese la donna e la fece scivolare giù per un crinale. Lei non potè far nulla, tanto rapida fu l’azione del suo amato. Rotolò giù e quando si risollevò guardò in alto. Del suo uomo e delle guardie non vi era più traccia.

– Uccidetelo!

Il giovane correva nella foresta. Davanti a lui vi era la montagna: Il Monte Janara. Sentiva i passi delle guardie alle calcagna e i sibili dei dardi volargli accanto le orecchie. Iniziò la scalata della montagna. Sembrava che i servi del conte facessero più fatica di lui. E per un attimo pensò davvero di farcela. Ma una delle frecce lo colpì. Tuttavia l’uomo continuò a salire. Non si arrese. Dolorante e sanguinante arrivò in cima. Ma poi, stremato, cadde a terra. Restò lì, a pensare a lei. Solo a lei. Ecco, dopo quella che sembrò un’eternità, ciò che vide fu la faccia del servo dominare su di lui. E la sua spada affilata.

Dopo tanti anni, un bambino si avvicinò ad una donna. Era seduta con uno scialle addosso. Anche se il suo viso era pieno di rughe, queste non avevano per niente sfiorito la sua primordiale bellezza. Restava lì con lo sguardo verso il monte, a osservarlo, tutta  assorta. Spesso chiudeva gli occhi, come per concentrarsi e ascoltare meglio qualcosa, che fosse un suono, un rumore o un suo pensiero. Il bambino era molto incuriosito da quel modo di fare. Si fece coraggio e le chiese:

– Perché a quest’ora ti metti sempre qui da sola e guardi il Monte?

La donna si voltò. Occhi neri luccicanti e capelli sulle spalle. Gli rispose:

– Ogni notte, da quest’ora fino all’alba, sento il canto di una ninna nanna. Ma è così bella che mi rifiuto di addormentarmi. Viene da lassù. Se ci fai l’orecchio la sentirai anche tu.

Il bambino si mise affianco alla signora con le orecchie ben tese. Ma non sentì nulla.

– Io non sento nulla – disse.

– Bèh, forse vuole dedicarla solo a me.

– E tu sai chi la canta?

– E’ di un uomo. Un uomo buono e valoroso. Un uomo che amava tanto una donna. E che tutte le volte invoca il suo nome, e la promessa di vendicarsi.

Il bambino la fissò. Lei gli sorrise. Anche se una lacrima le solcava il viso.

Autore

nasce a Piedimonte Matese, provincia di Caserta, nel 1996. Dopo la laurea in Scienze Politiche presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, si cimenta nella recitazione, nel doppiaggio e nella regia cinematografica. Contemporaneamente coltiva la sua passione per la scrittura, con la sua prima opera, la trilogia di Partenope, come frutto del suo amore per il mare e come omaggio alle sue amatissime origini siculo-napoletane.