• 19 Maggio 2024
Tradizioni & Leggende

La tavola copiosamente imbandita è una tradizione che viene dal Medioevo quando l’abbondanza dei cibi nelle festività, che si attendevano con ansia, dava la possibilità di assaggiare pietanze che altrimenti venivano negate sia perché troppo care, sia perché erano destinate a momenti speciali.

Il Duca di Buonvicino, Ippolito Cavalcanti, nel suo trattato sulla Cucina Teorico-Pratica del 1837, ci descrive un pranzo di Natale a base di carne di manzo e di maiale “Menestra de cecorie, bollito de vaccina e aute (altre) ccose, capuni a lo tiano, puorco servatico, bocconotti mbuttunati de nteriora de pulli, costatelle de puorco ngrattinate, nsalata cotta de cavolisciore (cavolfiore) e bruoccoli, ammennole ncroccanda (croccante di mandorle)”.

L’origine del pranzo di Natale si può trovare già nell’antica Roma quando si celebravano le Saturnalia in onore del Dio dei raccolti e dell’agricoltura, Saturno. Tutti, compresi gli schiavi, potevano godere di un periodo di riposo per festeggiare l’inizio del nuovo anno solare, il solstizio d’inverno, che, secondo il calendario giuliano fissato da Giulio Cesare nel 45 a.C., cadeva il 25 dicembre. Il solstizio d’inverno era legato al culto del Sole Invitto -il primo a carattere monoteistico- che, dopo il freddo invernale inizia a scaldare di più con l’allungarsi delle giornate già dal giorno successivo. Durante le Saturnalia si organizzavano banchetti sontuosi pubblici e privati a cui potevano partecipare tutti, anche gli schiavi, che erano autorizzati a mangiare allo stesso tavolo dei loro padroni.

I Cristiani, temendo la diffusione del nuovo culto dedicato al Sole Invitto, decisero di scegliere il 25 dicembre come data della nascita di Gesù, unico sole che illumina e scalda la nostra vita.

Per celebrare la nascita di Cristo nel periodo che precedeva il Natale non si mangiava carne e prima di andare alla Messa di mezzanotte erano concessi solo un po’ di pane, pesce o brodo vegetale e un bicchiere d’acqua. Al ritorno dalla Chiesa veniva servito un pasto più sostanzioso in una calda atmosfera familiare.

Perché è proprio questo che si cerca nel Natale. Momenti di pace dati dall’amore che si ritrova nel riunirsi con le persone care, soprattutto a tavola, dove i ricordi e le tradizioni ci fanno sentire accanto anche coloro che non ci sono più. Quante esclamazioni assaggiando pietanze che immancabilmente si ripetono ogni anno: “ È uguale a quello che faceva mamma! A quello della nonna!” . Ed ecco che portiamo a tavola il brodo tradizionale delle feste, fatto con pollo e vitello, con le polpettine di carne, anticipato da antipasto con vari tipi di salame e di prosciutto, bocconcini di mozzarella di bufala, di provola, di formaggio stagionato e bruschette con pomodorini.

A seguire l’immancabile lasagna al forno, o il timballo di maccheroni, o il sartù di riso.

Poi la carne. Il classico agnello al forno, la braciola imbottita, il tacchino ripieno o semplicemente arrosto, o qualsiasi altro tipo di carne la fantasia consiglia.

Naturalmente contorni di patate, insalata e verdure di ogni tipo.

Dolci natalizi della zona, tra cui non mancheranno il panettone e il pandoro.

Frutta fresca e secca ci tratterranno a tavola a conversare allegramente con i nostri cari fino all’ora di cena, quando si continuerà a festeggiare il ritrovarsi insieme a Natale consumando gli avanzi del pranzo.

Buon Natale.

Autore

Babette è una studiosa di cultura materiale ed in particolare di alimentazione. Si dedica a sperimentare soprattutto piatti d'epoca rivisitandoli senza alterarne la natura. Sta per pubblicare un libro di storia culinaria corredato da ricette