• 27 Luglio 2024
Itinerari

A mezza altezza tra la pianura e la montagna si estende la Terra di Gioia Sannitica dall’oscuro significato nel nome.

Il villaggio risale ai normanni e perciò si avvicina agli undici secoli.

Inutile dire che la popolazione è progressivamente discesa dal piccolo villaggio fortificato alla contrada Caselle.

Il castello è la parte fortificata di un piccolo villaggio. Ha forma allungata. In uno dei fianchi ancora si erge maestoso il torrione, che è però squarciato dalla parte esterna. Accanto ad esso, dalla parte della montagna, c’è la grande porta di entrata. Dal castello una via centrale del villaggio arrivava alla cappella diruta del Salvatore. All’interno delle mura una via girava intorno alle case. Doveva essere un passaggio aperto data la presenza di buchi che dovevano contenere piccole travi.

Non sappiamo chi furono i primi cavalieri normanni che ottennero il feudo.

Una notizia di grande interesse è quella secondo cui alla battaglia di Pavia del 1525 ottenne il feudo di Gioia da Carlo V, imperatore e re di Napoli, un valoroso cavaliere spagnolo Ugo Villalumo.

Egli venne a Gioia. Era giovane e s’innamorò perdutamente di una fanciulla, Cesarea, la quale ricambiò immediatamente il suo amore.

Egli non sapeva però che la bella Cesarea era una janara.

Un venerdì notte, svegliatosi di soprassalto, sentì la mano di lei che strofinava la carne, ed avvertì puzzo di cadavere. Capito che si trattava di una strega che si ungeva gridò spaventato: «Madre di Dio!, san Michele arcangelo!».

Nel sentire i santi nomi Cesarea si lanciò da una finestra del castello. Lo spavento per lui fu grande. Cesarea voleva redimersi da quello stato demoniaco e per un mese la sentirono ululare in alto sulla montagna nel luogo oggi chiamato Cesaiole. Voleva ritornare al suo amore. La sentirono ululare per un mese, poi più nulla.

Dopo due anni dall’investitura, Ugo Villalumo scappò via vendendo la Terra di Gioia a Giulio Barone, di Napoli. Ai Barone successero i Caetani, signori di Piedimonte e duchi di Laurenzana e Gioia assunse pertanto il nome di Gioia Laurenzana (1643).

Dopo il 1861, con l’unità d’Italia, Gioia assunse l’attuale nome di Gioia sannitica.

Autore

Nato a Solopaca (BN) 20 dicembre 1948. Diplomatosi nel 1966 all’ Istituto d’arte di Cerreto sannita (sez. ceramica), frequenta l’Accademia di Belle Arti di Napoli fino al terzo anno che lascia anzitempo poiché, essendosi nel frattempo abilitato per l’insegnamento di disegno e storia dell’arte, è nominato docente di materie artistiche nella scuola di Belgiojoso (PV). Oltre alla pittura, alla scultura e alla ceramica, dal 1976 si è dedicato alla critica d’ arte e alla storia. Nel 1977 porta alla ribalta due ignorati artisti del ‘700: Decio Frascadore (1691-1772) e Lucantonio D’ Onofrio (1708-1778). Appassionato sempre e profondo conoscitore dei problemi dell’arte, conta al suo attivo numerose pubblicazioni che riguardano l’arte dal periodo gotico al ‘700. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti ha collaborato fra l’altro dal 1980 al 2004 al settimanale beneventano “Messaggio d’ Oggi”