• 27 Luglio 2024
Cultura

Shakespeare è quel drammaturgo il cui nome risuona nella mente di molti, se non di tutti, così come risuonano i titoli di alcune delle sue opere. Tutti hanno sentito parlare di “Romeo e Giulietta”, “Otello”, “Amleto” e così via, ma come tanti altri autori, spesso lo si lascia chiuso nei libri di scuola, una volta memorizzata la sua vita e qualche nozione necessaria a superare un’interrogazione o un esame. Ma è solo leggendo le sue opere che ci si accorge dell’incredibile attualità, narrativa e tematica, dei suoi lavori. Non solo gli intrecci sono incredibilmente coinvolgenti, ma è impressionante l’accorta, diligente, pulitissima delineazione dei suoi personaggi, spogliati di qualunque velo leggendario, quasi inermi, autentici, con cui facilmente empatizzare. Shakespeare tratta i personaggi come persone, con assoluta imparzialità e senza sollevare giudizi: Ognuno è così per quello che è ed ognuno è così per come appare, poiché Shakespeare dà sempre voce ai suoi personaggi. Egli parla di re, di principi, di persone potenti e ordinarie, di servi, di cristiani, saraceni, ebrei… e anche molto di donne. E considerando il fatto che questo autore sia vissuto tra il 1500 e il 1600, un’epoca in cui la società era evidentemente molto patriarcale, è sbalorditivo come queste donne siano trattate con la più attenta dignità e la costante ricerca delle loro personalità, delle loro passioni e delle motivazioni che determinano le loro azioni. Che siano eroine, vittime, donne di potere o cortigiane, l’autore ne trae sempre un profilo sfaccettato e soprattutto umano.

Attualissima è la vicenda riguardante la figura di Desdemona, la moglie di Otello, il quale, per sospetto di tradimento, frettolosamente “comprovato”, e per un indomito impulso di gelosia, la uccide strangolandola sul suo letto. Questo è per lo meno “il succo” della tragedia, comunque sfaccettata nelle sue varie e numerose tematiche. Tuttavia quel che colpisce è una certa assenza di posizione. Non vi è da parte dell’autore alcun tipo di intervento che tenti di “giustificare” l’atto di Otello. Anzi, Desdemona è talmente pura e innocente che l’atto dell’uomo appare scellerato e sadico, del tutto “sbagliato”, così come la mentalità radicata dell’ossessione e del possesso che ne ha fatto da incentivo. Desdemona quindi è una donna “gentile e fragile”, ma non in quanto tale, bensì perché calata in un contesto avverso, un contesto di cui possiamo scoprire “entrambe” le visioni, quella dell’uomo e quella della donna. Ed è qui, infatti, che Shakespeare dà voce ad un’altra figura femminile: Emilia. Attraverso le sue parole non solo abbiamo la “sua” prospettiva, ma anche l’espressione di una consapevolezza, quella di un’ “uguaglianza emotiva” tra uomini e donne, un’uguaglianza di base, che finisce per vanificare una struttura sociale e culturale ingiusta e non egalitaria. Emilia infatti dice: “ Sappiano i signori mariti che le donne hanno sensi precisamente come loro: vedono, sentono, odorano, hanno il palato per il dolce e per l’amaro […] Ma anche noi abbiamo desideri, passioni e debolezze perdio! Dunque ci trattino bene. Altrimenti, i peccati che noi commetteremo, saranno i loro stessi peccati ad averceli insegnati.”

Desdemona dunque è davvero una tragica vittima innocente di un impulso “maschilista”. Ma se uomini e donne sono “emotivamente uguali”, vuol dire che passioni buone e cattive  possono investire indistintamente tutti e tutte. Per questo Shakespeare ci presenta un’altra figura, del tutto opposta a Desdemona, calcolatrice, vendicativa, manipolatrice e potente: Lady Macbeth, dalla tragedia “Macbeth”. Costei è la “donna forte”, cioè colei che, soprattutto nella prima fase della vicenda, tiene i fili della situazione. E’ lei che inserisce nella mente di suo marito, Macbeth, il seme di quella “follia”, di quell’insaziabile e violenta collera che infine finisce per riempirla di sensi di colpa. Non è dunque un personaggio “positivo”, né ha i canoni della convenzionale “femminilità”, quella della bellezza, della dolcezza o della gentilezza. Lei è una “mente” che usa il “braccio” del marito, e lo spinge a commettere terribili crimini per realizzare la profezia, quella che suo marito, Macbeth, sarebbe diventato re. Sebbene dunque, un’altra volta, ci viene presentato un contesto nel quale è il re ad avere importanza politica, dal punto di vista narrativo è proprio la donna a essere centrale. Costei “sfrutta” e manipola il marito, titubante e insicuro, senza il benché minimo scrupolo, perseguendo un potere che gioverà in primis a lei. Ironica è l’esortazione che è solita dedicare a Macbeth ogni qual volta questi si mostra incerto o debole: “Sei un uomo?”.

Altre figure femminili incredibili sono le donne ne “Il mercante di Venezia”. Qui Shakespeare non si risparmia: ci delinea delle donne davvero formidabili, intelligenti e competenti, tanto da farsi beffe del genere maschile, distratto e ingenuo. Le donne in questione sono Porzia e Nerissa, due donne che mettono in atto un piano geniale per salvare il mercante Antonio, incapace di riscuotere un enorme debito il cui mancato pagamento gli prevede l’estrapolazione, da parte del suo vendicativo creditore, di una “libbra di carne” dal suo corpo. Ebbene le due riescono a vestire (letteralmente), fingendosi uomini, i panni di un dottore della legge e del suo segretario, riuscendo, con incredibile arguzia e intelligenza, a trovare tutti i cavilli giuridici del caso per salvare in tribunale il “povero” mercante Antonio, e approfittano anche del loro travestimento per mettere alla prova e “scherzare” con i loro due rispettivi mariti, che proprio lì in tribunale, facevano da testimoni per il loro amico sotto accusa.

Insomma, di donne, nelle opere di Shakespeare, ce ne sono davvero tante e tutte con ruoli estremamente presenti ed importanti. Qui abbiamo disquisito in grandi linee solo di alcuni di questi personaggi femminili, ma è quanto basta per capire non solo quanto Shakespeare sia un autore da riscoprire e di cui constatare il “meritato” successo, ma anche come sia stato del tutto propenso a darci un ritratto a tutto tondo della figura della donna, di come non sia una semplice categoria omogenea, ma una realtà complessa, sia per condizione sociale sia per condizione morale. Il drammaturgo ce l’ha presentata attraverso una serie di “persone” con le proprie sfaccettate personalità, straordinarie nella loro umanità: nei pregi, nei vizi, nelle debolezze e nei loro punti di forza. Personalità che vanno a completarsi e che danno voce ad una figura, quella della donna, in grado ancora oggi di ispirare e di cui poter valutare la condizione nella nostra società, che ancora oggi continua a interrogarci con quella stessa e ricorrente domanda che il personaggio di Porzia in “Giulio Cesare” ha posto al suo Bruto: “Non sono io forse più forte del mio sesso?”

Autore

nasce a Piedimonte Matese, provincia di Caserta, nel 1996. Dopo la laurea in Scienze Politiche presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, si cimenta nella recitazione, nel doppiaggio e nella regia cinematografica. Contemporaneamente coltiva la sua passione per la scrittura, con la sua prima opera, la trilogia di Partenope, come frutto del suo amore per il mare e come omaggio alle sue amatissime origini siculo-napoletane.