• 27 Luglio 2024
Editoriale

Stiamo vivendo una poli-crisi, che non appartiene al semplice e unico sistema ma alla sua globalità, riguarda non unico comparto dell’economia ma la sua governance globale, non un unico apparato di partito ma l’intera ideologia di pensiero diffusa, non unica visione filosofica, scientifica, climatica, energetica e anche etica, morale, spirituale ma si estende all’intera complessità umana e senza demagogia  trova una applicazione concreta con derive belliche e aggressioni civili, che non si erano mai viste in quest’ultimo secolo. Si sta perdendo non il buon senso, ma il vero senso della realtà, una crisi così complessa, genera infatti delle ricadute, sociali, comunitarie e internazionali tali da muovere spinte in ogni ambito del sistema globale, con un riverbero assolutamente di reazione sulle persone, sui popoli mutandosi in permacrisi, ossia una confusa percezione del futuro in funzione degli eventi sociali e sulle loro repentine dinamiche e su come affrontarli.

La coscienza umana sta subendo una pressione, che spinge l’io individuale a conformarsi ad un pensiero dominante, padrone dell’informazione e manipolatore delle menti non pensanti, soggiogate ad un fenomeno di internet, che il mercato social alimenta ed implementa a vantaggio di profitti elevati privandoci dell’identità e della personalità; la  storia, mostra che le crisi sono parte di una crescita sociale, che può anche generare un rifiorire dell’io collettivo verso un immaginario positivo che consenta di generare una presa di coscienza non più snaturata e frammentata ma orientata ad un futuro pregno di consapevolezza e sensatezza.

La storia umana denuncia non poche crisi, che poi nel picco più degenerativo hanno subito una svolta epocale, vero è che le crisi odierne, o le molteplici crisi globali interagiscono in maniera tale da rendere ciascuna crisi non più localizzata ma di estensione globale con effetti sempre più ampi. Pertanto, le cause e gli effetti di ventano l’uno il moltiplicatore dell’altro, e si accelera e velocizza la dinamica di approccio al problema che ne sembra allontanare visibilmente nell’immediato l’effettiva soluzione. La nullità di politiche pragmatiche, non sempre risolutive nell’immediato inducono un allontanamento sempre più concreto da parte delle nuove generazioni ad assumere una coscienza civica e politica.  

Verso la fine del Seicento , infatti, in Europa si intravedono i già diffusi bagliori dell’imminente secolo dei lumi, i primi dubbi, incominciano a pervadere le coscienze culturali e ideologiche dei liberi pensatori del secolo successivo che verrà, la confutazione delle tradizionali credenze cede il passo ad un illuminata e illuminante verità, tale che l’intelletto umano in ogni comparto supera i propri limiti, demonizzando i fantasmi medievali, e facendosi portatore di una rinnovata coscienza intellettuale, scientifica e politica, libera e creativa, una vera rivoluzione di pensiero, che spiana la strada verso l’illuminismo e la moderna civiltà di diritto. Una vera trasformazione collettiva, e una prima presa di coscienza comunitaria, sebbene in termini concettuali, più prossima ad una coscienza rinnovata, come rinnovate sono state le istanze, di questa storica, crisi.

Il cosmopolitismo, nascente dei primi del Settecento, però determina una nuova apertura al mondo, ad un mondo non ancora globalizzato e in fase di scoperta generalizzata, cosa che non si può accomunare al cosmopolitismo, attuale, che dispone di realtà virtuali dove la ratio cartesiana, viene offuscata dal raggiungimento e il ripensamento, dell’intelligenza artificiale. Oggi, infatti, non è più la ragione che diviene l’epicentro, della crisi mondiale e di conseguenza anche europea, il suo superamento, la sua ghettizzazione in una civiltà, che sta abbandonando e modificando i valori del lirismo classico per mutarli in una dismessa presa di coscienza, che nulla è più rilevante, lo è solo il raggiungimento nell’immediato della realizzazione di sé e di un io privo di coscienza. Oggi la critica, di pensiero, passa attraverso archetipi che la ragione non contempla, o non ha ancora esperito, e l’economia non può ancora applicare se non attraverso un ripensamento dell’azione politica, volta verso una massimizzazione sociale di una concreta coscienza del popolo europeo, che si rivede non solo come cittadino, e con una unica cittadinanza sovranazionale, in uno stato rinnovato e centrale. La predizione, economica tra gli economisti, sta per assumere toni suggestivi e poco realistici, con il rischio costante di non dare ricette risolutive, in netto superamento con il pensiero keynesiano, sottintendendo una predizione a volte pericolosa e speculativa non solo nel breve ma anche nel lungo periodo. Ergo, se la futurologia economica diviene fantascienza e metaverso, quale sarà la scienza dell’avvenire mondiale, che possa illuminarci e darci un nuovo secolo di soluzioni non profetiche, ma pragmatiche, che in maniera rilevante, risolvono questa, poli crisi globale? Ecco che l’economia diventa necessariamente conoscenza e nuovamente scienza, ma con una variabile, innovativa, la coscienza.

Cosa e come sarà la coscienza del futuro o futuribile, in antitesi ad una globalizzazione, senza etica e senza morale, non dobbiamo fare una congettura intellettuale ma è necessario una diffusione, della coscienza innovata, che sia possibile, optando per il recupero di una identità europea vera, non falsata su principi spersonalizzati dalle governance finanziarie speculative, dobbiamo essere portatori di valori senza tempo, portatori di certezza scientifica, in maniera tale che il processo di futuribilità sia realmente possibile, attraverso non complesse ideologie, ma cercando di andare incontro alle istanze sociali dei cittadini europei, alle loro esigenze di perequazione fiscale, di istruzione gratis ad ogni livello, non è sufficiente un Erasmus ben congegnata per diffondere il virus della coscienza europea, ma bisogna sommamente ingegnerizzarlo nei laboratori di una libera scolarizzazione diffusa.

Dobbiamo studiare e programmare l’avvenire europeo, rendere reali una molteplicità di futuri possibili, dobbiamo giocare d’azzardo, per essere ben fortunati, in modo che ciò che desideriamo o prevediamo ci possa apparire probabile, ed esperibile, si avveri, ed è per questo che necessita la diffusione di una cultura che recupera i valori fondanti la storicità di un passato europeo glorioso, e mai fuori dai tempi e dalla modernità.

Molteplici furono i movimenti culturali e illuminati del secolo dei lumi, vi furono appunto anche tentativi di riformare la società, con derive di dispotismo illuminato, che fece breccia alla Rivoluzione francese, orbene questa storica esperienza, per contro ci indica una riforma che sia cosciente del passato e sia proficua per un futuro che conservi in sé un pensiero politico, che segni il passo per una coscienza civile europea completamente rinnovata.

I fronti di guerra che connotano la crisi in corso, non devono lasciare indifferenti le masse incoscienti e inconsapevoli di cosa riserva il futuro, la motivazione più coscienziosa e preparare civilmente una nuova Europa, un Europa di benessere sociale e comunitario, che preservi una coscienza sociale non divisiva ma inclusiva, che punti ad un integrazione del popolo europeo e delle genti che volontariamente vogliono sentirsi europei, ciò è possibile con una politica che conquisti le nuove generazioni nell’animo e nella mente, sviluppando non azioni rivoluzionarie, ma reattive e partecipative per costruire una nuova era possibile. La rivoluzione, vera, è una controrivoluzione, abbandonare gli errori del passato, perduti nelle pieghe della storia, per camminare verso un futuro di pace e prosperità, la stratificazione degli errori e il loro perpetuarsi va ad ispessire una cultura senza coscienza di sé, del proprio valore, incapace di tramandare un bagaglio valoriale nella società europea futura. Siamo in un’epoca fortemente europeista, ma che sembra che proprio nella perdita del sacro e di una coscienza sociale ha posto la sua determinante, basterà recuperare il fondamento delle nazioni, degli stati che nel corso della storia, ha avuto uno spirito di sacralità e proporlo come fine ultimo di una coscienza rinnovata.

La parola coscienza, nel linguaggio comune indica una valutazione morale dell’agire, in altri termini la riaffermazione nel quotidiano di una verità, ed essa resta la più necessaria condizione per una riconquista sociale. Un valore mai confutabile, futuribile, che diviene la realtà concreta di un sogno, che i padri fondatori hanno inteso sognare, l’Europa. In un’etica profondamente morale, la coscienza è stata la base di una lotta di classe sociale, che aveva un unico imperativo: l’uomo deve liberarsi dell’alienazione economica per realizzare il suo essere generico. Oggi, il cittadino europeo, deve infondere nella sua coscienza la volontà di liberarsi da un pragmatismo finanziario imposto, per realizzare il vero cives europeo, conscio di una coscienza per costruire e rapportarsi a valori concreti, più prossimi ad un’idea di patria, nazione, e stato. Unico strumento resta la politica, che sia identitaria, controrivoluzionaria, portatrice e conservatrice dell’essenza della morale del popolo europeo.

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Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.